Recenti studi di microzonazione sismica ed i relativi approfondimenti geologico/ tecnici portati avanti nelle zone dell’Aquilano colpite dal terremoto del 6 aprile 2009 hanno messo in luce il problema dell’individuazione di eventuali cavità sotterranee in aree urbane e della valutazione delle loro caratteristiche geostatiche. In particolare, al generico rischio di crollo di vuoti sotterranei naturali, solitamente di origine carsica (sinkhole), si è associato il pericolo indotto da tutte quelle pertinenze di origine antropica stratificatesi temporalmente (e spesso anche geometricamente) nel sottosuolo di molti antichi centri storici abruzzesi. I sopralluoghi effettuati nel post terremoto e nella fase della ricostruzione hanno confermato una realtà sotterranea, solo parzialmente già nota, le cui dimensioni impongono attenzione e provvedimenti ad hoc anche a livello degli uffici amministrativi sordi, al momento, ad ogni informazione in merito. Nella frazione S. Martino del paese di Picenze sono stati censiti oltre 50 ipogei, tra cui almeno 20 di estensione superiore ai 20 m, denominati localmente “rottoni”; la lista è necessariamente incompleta perché quasi tutti sono di proprietà privata, e molti sono inagibili a causa di crolli od occlusi da murature o materiale di risulta e rifiuti di vario genere, e molti sono ancora in fase di esplorazione. Carattere comune a quasi tutti gli ipogei è la struttura formata da un asse principale aperto verso S-SW, che si immerge verso N-NE con pendenza uniforme di circa 20°, in modo da raccogliere al meglio la luce pomeridiana. La parte interna dei rottoni si articola in più locali semicircolari del diametro di alcuni metri, con evidente funzione di ricovero, che talvolta si collegano tra loro unendo più strutture in un complesso labirinto sotterraneo, attualmente non sempre esplorabile a causa di crolli o riempimenti antropici. Le aperture originali sono quasi sempre dotate di archi monumentali in pietra ben lavorata e squadrata, dotati di incavi per serramenti e sbarramenti vari, a testimonianza dell’importanza anche economica degli insediamenti sotterranei. L’intero paese era attraversato, da S verso N, da un asse sotterraneo principale che si estendeva dall’attuale piazza Bonomo (ju rottone di Bonomo) fino almeno sotto la piazza prospiciente la chiesa madre. Gli ambienti sono ricavati all’in terno di una formazione limoso-marnosa di ambiente lacustre periglaciale, sottilmente laminata e caratterizzata da bellissimi cromatismi che sfumano dal grigio al nocciola al rosso-arancio; grazie alla lavorabilità della roccia sono stati realizzati in sotterraneo utilizzando semplici attrezzi di scavo. In conclusione, si sottolinea con forza la necessità di studio e di documentazione della abbondante e interessante facies rupestre ipogea del centro storico di Picenze e delle frazioni limitrofe, seguite da un adeguato progetto di recupero e riuso compatibile degli ipogei, approfittando dell’occasione del restauro e della riqualificazione ambientale e urbanistica degli agglomerati edilizi danneggiati dal terremoto.

Microzonazione sismica e cavità artificiali nei centri storici: le problematiche di Picenze (L’Aquila) a seguito del sisma del 6 aprile 2009.

FERRINI, GIANLUCA;MORETTI, ANTONIO
2016-01-01

Abstract

Recenti studi di microzonazione sismica ed i relativi approfondimenti geologico/ tecnici portati avanti nelle zone dell’Aquilano colpite dal terremoto del 6 aprile 2009 hanno messo in luce il problema dell’individuazione di eventuali cavità sotterranee in aree urbane e della valutazione delle loro caratteristiche geostatiche. In particolare, al generico rischio di crollo di vuoti sotterranei naturali, solitamente di origine carsica (sinkhole), si è associato il pericolo indotto da tutte quelle pertinenze di origine antropica stratificatesi temporalmente (e spesso anche geometricamente) nel sottosuolo di molti antichi centri storici abruzzesi. I sopralluoghi effettuati nel post terremoto e nella fase della ricostruzione hanno confermato una realtà sotterranea, solo parzialmente già nota, le cui dimensioni impongono attenzione e provvedimenti ad hoc anche a livello degli uffici amministrativi sordi, al momento, ad ogni informazione in merito. Nella frazione S. Martino del paese di Picenze sono stati censiti oltre 50 ipogei, tra cui almeno 20 di estensione superiore ai 20 m, denominati localmente “rottoni”; la lista è necessariamente incompleta perché quasi tutti sono di proprietà privata, e molti sono inagibili a causa di crolli od occlusi da murature o materiale di risulta e rifiuti di vario genere, e molti sono ancora in fase di esplorazione. Carattere comune a quasi tutti gli ipogei è la struttura formata da un asse principale aperto verso S-SW, che si immerge verso N-NE con pendenza uniforme di circa 20°, in modo da raccogliere al meglio la luce pomeridiana. La parte interna dei rottoni si articola in più locali semicircolari del diametro di alcuni metri, con evidente funzione di ricovero, che talvolta si collegano tra loro unendo più strutture in un complesso labirinto sotterraneo, attualmente non sempre esplorabile a causa di crolli o riempimenti antropici. Le aperture originali sono quasi sempre dotate di archi monumentali in pietra ben lavorata e squadrata, dotati di incavi per serramenti e sbarramenti vari, a testimonianza dell’importanza anche economica degli insediamenti sotterranei. L’intero paese era attraversato, da S verso N, da un asse sotterraneo principale che si estendeva dall’attuale piazza Bonomo (ju rottone di Bonomo) fino almeno sotto la piazza prospiciente la chiesa madre. Gli ambienti sono ricavati all’in terno di una formazione limoso-marnosa di ambiente lacustre periglaciale, sottilmente laminata e caratterizzata da bellissimi cromatismi che sfumano dal grigio al nocciola al rosso-arancio; grazie alla lavorabilità della roccia sono stati realizzati in sotterraneo utilizzando semplici attrezzi di scavo. In conclusione, si sottolinea con forza la necessità di studio e di documentazione della abbondante e interessante facies rupestre ipogea del centro storico di Picenze e delle frazioni limitrofe, seguite da un adeguato progetto di recupero e riuso compatibile degli ipogei, approfittando dell’occasione del restauro e della riqualificazione ambientale e urbanistica degli agglomerati edilizi danneggiati dal terremoto.
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