La ricerca tratta lo spazio pubblico e l’analisi delle nuove forme e funzioni che la società contemporanea richiede agli stessi spazi pubblici, alla loro resilienza e alla resilienza della città e del suo contesto urbano. Nel nuovo palinsesto urbano, quello della città contemporanea, si sono affermati nuovi paradigmi, intorno ai quali occorre ripensare lo spazio pubblico. Le definizioni generali di sfera, spazio e bene pubblico, di bene comune, collettivo, di luogo e identità, sono i punti da cui iniziare. Questi elementi consentono di leggere gli spazi pubblici attuali (quelli storici e quelli di nuova realizzazione) in funzione di una proprietà sociale, particolarmente attuale: la resilienza. Il dibattito scientifico internazionale individua nella resilienza la proprietà primaria di un sistema socio-economico di reagire in queste situazioni. Al contrario avremmo una vulnerabilità sociale tale per cui la comunità coinvolta non reagirebbe autonomamente, non riuscendo ad attingendo alle proprie risorse (umane, culturali, economiche). Per estensione dunque, il concetto di resilienza può essere applicato anche agli spazi pubblici, nella misura in cui essi siano vissuti. Uno spazio pubblico che sia un luogo, che venga riconosciuto come identitario, che possegga il genius loci (Schultz, 1979), potremo dirlo resiliente se resiliente, banalmente, sarà il gruppo sociale o la comunità che lo frequenta, e che quindi attivino dei meccanismi di visione e condivisione, di utilizzo e pratica di quello spazio attingendo alle proprie risorse e alla propria volontà di reagire all’evento traumatico, autonomamente. Quando allora uno spazio sarà non-resiliente. Che ruolo gioca in tutto questo l’amministrazione pubblica è elemento di cui tenere conto. Essa é una proprietà che può essere attivata attraverso processi di condivisione delle scelte amministrative di gestione e pianificazione del territorio urbano, accrescendo le potenzialità dei sistemi sociali e territoriali di fronteggiare, adattarsi o mutare a fronte di eventi traumatici (Folke, 2006). La classificazione degli spazi tradizionali (strade, piazze e verde) secondo la morfologia, la funzione, la tipologia e la percezione, prepareranno i casi studio della ricerca ad essere interpretati e analizzati con un criterio interdisciplinare e transcalare. Si intende condurre lo studio su 6 città che si costituiscono a singolarità urbane perchè interessate da fenomeni di trasformazione e ricostruzione particolarmente interessanti. Questi casi studio riportano cambiamenti indotti da eventi calamitosi, istantanei, lontani fra di essi sia nella dimensione scalare che in quella temporale, ma particolarmente significativi nella loro diversità storica, geomorfologica e sociale: ciascuna città è vissuta da una società che ha reagito e rielaborato la catastrofe con un diverso contributo. Innovazione, sperimentazione e informalità sono le categorie in cui Seattle, Berlino, Kesennuma, Città del Messico, Gaza e San Francisco sono state ripartite. In esse è stato chiaro che la prima risposta a sollecitazioni esterne così violente, viene data dalle comunità; sollecitazioni o eventi per la precisione, che hanno cambiato anche il corso della loro storia. Allora alle dimensioni di decodifica tradizionale (funzione, morfologia, percezione e tipologia) si aggiungono quella sociale, visiva e temporale. Nei casi esaminati inoltre con il contributo del metodo storico, proprio del restauro, quello comparativo, quello strutturale e la lettura del contesto vengono fornite ulteriori informazioni, necessarie a completare il quadro conoscitivo per interpretarne il significato che poi viene trasferito alle società che lì vivono (Crosta, 2017). Il rapporto che le comunità hanno costruito con i nuovi spazi in contesti storici e fortemente identitari ed il rapporto che spazi e luoghi pubblici hanno con il tessuto storico hanno messo in luce i limiti che gli standard urbanistici manifestano nelle mutate condizioni socio-culturali. Dai livelli di lettura elaborati si trovano ulteriori elementi di sintesi nelle mutate esigenze e nei nuovi strumenti tecnologici con cui il cives pratica lo spazio pubblico, urbano ed extra urbano. E la sintesi di questo complesso sistema di confronti conduce al riconoscimento, per ogni caso studio, a nuovi modelli di sviluppo: la smart city, la eco city, la temporary city, la open city, la city of bits e la resilience city) (Di Ludovico, 2017). Il dato comune a questi modelli ci conduce alle nuove tecnologie e alla loro relazione con il cittadino: gli smart devices, la velocità di trasferimento dati in 5G, la realtà aumentata dello spazio (virtuale). Una nuova dimensione, quella dell’innovazione, frutto dell’evoluzione tecnologica e dell’uso che il cittadino fa di essa nel tessuto urbano. Il cittadino è l’attore principale, il fruitore, il decisore ed il plasmatore: ma sarà sempre più un individuo a praticare l’una e l’atro, sempre meno cives, distante e distaccato dalla sfera collettiva.

Spazi pubblici resilienti: L'Aquila

Quirino Crosta
;
Donato Di Ludovico
2017-01-01

Abstract

La ricerca tratta lo spazio pubblico e l’analisi delle nuove forme e funzioni che la società contemporanea richiede agli stessi spazi pubblici, alla loro resilienza e alla resilienza della città e del suo contesto urbano. Nel nuovo palinsesto urbano, quello della città contemporanea, si sono affermati nuovi paradigmi, intorno ai quali occorre ripensare lo spazio pubblico. Le definizioni generali di sfera, spazio e bene pubblico, di bene comune, collettivo, di luogo e identità, sono i punti da cui iniziare. Questi elementi consentono di leggere gli spazi pubblici attuali (quelli storici e quelli di nuova realizzazione) in funzione di una proprietà sociale, particolarmente attuale: la resilienza. Il dibattito scientifico internazionale individua nella resilienza la proprietà primaria di un sistema socio-economico di reagire in queste situazioni. Al contrario avremmo una vulnerabilità sociale tale per cui la comunità coinvolta non reagirebbe autonomamente, non riuscendo ad attingendo alle proprie risorse (umane, culturali, economiche). Per estensione dunque, il concetto di resilienza può essere applicato anche agli spazi pubblici, nella misura in cui essi siano vissuti. Uno spazio pubblico che sia un luogo, che venga riconosciuto come identitario, che possegga il genius loci (Schultz, 1979), potremo dirlo resiliente se resiliente, banalmente, sarà il gruppo sociale o la comunità che lo frequenta, e che quindi attivino dei meccanismi di visione e condivisione, di utilizzo e pratica di quello spazio attingendo alle proprie risorse e alla propria volontà di reagire all’evento traumatico, autonomamente. Quando allora uno spazio sarà non-resiliente. Che ruolo gioca in tutto questo l’amministrazione pubblica è elemento di cui tenere conto. Essa é una proprietà che può essere attivata attraverso processi di condivisione delle scelte amministrative di gestione e pianificazione del territorio urbano, accrescendo le potenzialità dei sistemi sociali e territoriali di fronteggiare, adattarsi o mutare a fronte di eventi traumatici (Folke, 2006). La classificazione degli spazi tradizionali (strade, piazze e verde) secondo la morfologia, la funzione, la tipologia e la percezione, prepareranno i casi studio della ricerca ad essere interpretati e analizzati con un criterio interdisciplinare e transcalare. Si intende condurre lo studio su 6 città che si costituiscono a singolarità urbane perchè interessate da fenomeni di trasformazione e ricostruzione particolarmente interessanti. Questi casi studio riportano cambiamenti indotti da eventi calamitosi, istantanei, lontani fra di essi sia nella dimensione scalare che in quella temporale, ma particolarmente significativi nella loro diversità storica, geomorfologica e sociale: ciascuna città è vissuta da una società che ha reagito e rielaborato la catastrofe con un diverso contributo. Innovazione, sperimentazione e informalità sono le categorie in cui Seattle, Berlino, Kesennuma, Città del Messico, Gaza e San Francisco sono state ripartite. In esse è stato chiaro che la prima risposta a sollecitazioni esterne così violente, viene data dalle comunità; sollecitazioni o eventi per la precisione, che hanno cambiato anche il corso della loro storia. Allora alle dimensioni di decodifica tradizionale (funzione, morfologia, percezione e tipologia) si aggiungono quella sociale, visiva e temporale. Nei casi esaminati inoltre con il contributo del metodo storico, proprio del restauro, quello comparativo, quello strutturale e la lettura del contesto vengono fornite ulteriori informazioni, necessarie a completare il quadro conoscitivo per interpretarne il significato che poi viene trasferito alle società che lì vivono (Crosta, 2017). Il rapporto che le comunità hanno costruito con i nuovi spazi in contesti storici e fortemente identitari ed il rapporto che spazi e luoghi pubblici hanno con il tessuto storico hanno messo in luce i limiti che gli standard urbanistici manifestano nelle mutate condizioni socio-culturali. Dai livelli di lettura elaborati si trovano ulteriori elementi di sintesi nelle mutate esigenze e nei nuovi strumenti tecnologici con cui il cives pratica lo spazio pubblico, urbano ed extra urbano. E la sintesi di questo complesso sistema di confronti conduce al riconoscimento, per ogni caso studio, a nuovi modelli di sviluppo: la smart city, la eco city, la temporary city, la open city, la city of bits e la resilience city) (Di Ludovico, 2017). Il dato comune a questi modelli ci conduce alle nuove tecnologie e alla loro relazione con il cittadino: gli smart devices, la velocità di trasferimento dati in 5G, la realtà aumentata dello spazio (virtuale). Una nuova dimensione, quella dell’innovazione, frutto dell’evoluzione tecnologica e dell’uso che il cittadino fa di essa nel tessuto urbano. Il cittadino è l’attore principale, il fruitore, il decisore ed il plasmatore: ma sarà sempre più un individuo a praticare l’una e l’atro, sempre meno cives, distante e distaccato dalla sfera collettiva.
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