Alla metà dell’Ottocento il sorvegliante delle antichità tiburtine “per maggiore comodità dei signori viaggiatori, ed altri, che recansi ad osservare le magnifiche antichità della Grotta di Nettuno, della Sirena, la cascatella del Bernini, il tempio di Vesta e della Sibilla, la casa di Orazio, la villa di Catullo, di Mario Vopisco e suo tempietto, non che le sorprendenti pietrificazioni prodotte dal fiume Aniene” offriva un suo locale posto presso il ponte Gregoriano, dal quale, oltre ai frammenti lì depositati era possibile ammirare “tutte le suddette rarità, senza discendere per le umide, anguste e tortuose vie di non lieve fastidio per i signori viaggiatori”. La comoda visione dell’antico costituiva quindi un elemento di attrazione accentuata ulteriormente dalla possibilità offerta al turista, a sua richiesta e con “moderata spesa”, di illuminazioni a bengala delle dette ‘rarità’. Gli obiettivi della facile e comoda accessibilità, della gradevolezza e singolarità, della ‘visione’ privilegiata assumono una notevole rilevanza negli interventi su architetture e parti della città ottocentesca, divenuti essi stessi attrazione e volano di trasformazioni edilizie e urbane, luoghi di cultura e di piacere, talvolta protesi alla conservazione e alla valorizzazione della propria identità, talvolta ‘sacrificati’ a modelli di consumo contemporanei. Il presente contributo intende evidenziare il significato e il ruolo di tali requisiti nelle opere di ampliamento, recupero e riqualificazione realizzate, già a iniziare degli ultimi due decenni del XX secolo, in tutte le città e grandi metropoli mondiali. Interventi che hanno riguardato edifici dalla forte carica monumentale e culturale (quali, ad esempio, i musei e le stazioni ferroviarie), ma anche ‘rovine’ ottocentesche (come gli impianti industriali e le aree dismesse) o quartieri residenziali (fenomeni di gentrificazione); operazioni riconducibili a processi, dinamiche e soluzioni progettuali accomunate dalla volontà di polarizzare, attorno a un’architettura o un complesso urbano, l’avvio di una rigenerazione capace di attrarre sia turisti sia investitori. Attraverso esempi significativi il contributo intende riconoscere nel recupero dell’Ottocento la sua riconversione alle esigenze di confort e consumo (cibo e non solo) della contemporaneità. Un binomio dove assume un ruolo importante la visibilità dell’architettura, divenuta sia faro sia luogo di osservazione panoramica. Valgano a esempio, tra molti altri casi, la Beetham o Hilton Tower a Manchester e il suo rapporto con la Deansgate e il MOSI; ma anche l’ascensore e la relativa terrazza ristorante al Monumento a Vittorio Emanuele II a Roma.

Architetture e spazi urbani ottocenteschi nella ‘spettacolarizzazione’ della città contemporanea

Simonetta CIRANNA
2017-01-01

Abstract

Alla metà dell’Ottocento il sorvegliante delle antichità tiburtine “per maggiore comodità dei signori viaggiatori, ed altri, che recansi ad osservare le magnifiche antichità della Grotta di Nettuno, della Sirena, la cascatella del Bernini, il tempio di Vesta e della Sibilla, la casa di Orazio, la villa di Catullo, di Mario Vopisco e suo tempietto, non che le sorprendenti pietrificazioni prodotte dal fiume Aniene” offriva un suo locale posto presso il ponte Gregoriano, dal quale, oltre ai frammenti lì depositati era possibile ammirare “tutte le suddette rarità, senza discendere per le umide, anguste e tortuose vie di non lieve fastidio per i signori viaggiatori”. La comoda visione dell’antico costituiva quindi un elemento di attrazione accentuata ulteriormente dalla possibilità offerta al turista, a sua richiesta e con “moderata spesa”, di illuminazioni a bengala delle dette ‘rarità’. Gli obiettivi della facile e comoda accessibilità, della gradevolezza e singolarità, della ‘visione’ privilegiata assumono una notevole rilevanza negli interventi su architetture e parti della città ottocentesca, divenuti essi stessi attrazione e volano di trasformazioni edilizie e urbane, luoghi di cultura e di piacere, talvolta protesi alla conservazione e alla valorizzazione della propria identità, talvolta ‘sacrificati’ a modelli di consumo contemporanei. Il presente contributo intende evidenziare il significato e il ruolo di tali requisiti nelle opere di ampliamento, recupero e riqualificazione realizzate, già a iniziare degli ultimi due decenni del XX secolo, in tutte le città e grandi metropoli mondiali. Interventi che hanno riguardato edifici dalla forte carica monumentale e culturale (quali, ad esempio, i musei e le stazioni ferroviarie), ma anche ‘rovine’ ottocentesche (come gli impianti industriali e le aree dismesse) o quartieri residenziali (fenomeni di gentrificazione); operazioni riconducibili a processi, dinamiche e soluzioni progettuali accomunate dalla volontà di polarizzare, attorno a un’architettura o un complesso urbano, l’avvio di una rigenerazione capace di attrarre sia turisti sia investitori. Attraverso esempi significativi il contributo intende riconoscere nel recupero dell’Ottocento la sua riconversione alle esigenze di confort e consumo (cibo e non solo) della contemporaneità. Un binomio dove assume un ruolo importante la visibilità dell’architettura, divenuta sia faro sia luogo di osservazione panoramica. Valgano a esempio, tra molti altri casi, la Beetham o Hilton Tower a Manchester e il suo rapporto con la Deansgate e il MOSI; ma anche l’ascensore e la relativa terrazza ristorante al Monumento a Vittorio Emanuele II a Roma.
2017
978-88-99930-02-8
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