Ricostruzione e messa in sicurezza appaiono quali categorie dominanti e ricorrenti del post-sisma, quasi che l’attività di restauro, anche in riferimento a centri storici stratificati e sostanzialmente preservati, non bastasse a risolvere le problematiche sollevate dallo scenario successivo all’evento catastrofico. In questa accezione, pertanto, si opera una sorta di rovesciamento concettuale, nel quale il restauro diviene una sotto-categoria della ricostruzione e del consolidamento, rimanendo confinato in particolari recinti operativi (gli edifici sottoposti agli interventi della Soprintendenza, le componenti e le ‘superfici di pregio’). Esattamente il contrario di quanto – in condizioni di ‘quiete’ – viene considerata competenza naturale del restauro, il quale prevede un’ampia gamma di possibilità, comprese le ricostruzioni (come reintegrazioni) e le messe in sicurezza (come restauri strutturali). Il rovesciamento di senso non è solo concettuale, ma porta con sé conseguenze operative concrete e consistenti, a partire dalle prescrizioni normative, che stabiliscono priorità di intervento e di finanziamento, per arrivare alle scelte progettuali e attuative, sia in riferimento alle competenze professionali coinvolte che alla definizione degli strumenti progettuali (capitolato, prezziario ecc.). La ricostruzione e la messa in sicurezza guardano prioritariamente al recupero funzionale delle architetture storiche, il restauro lavora sulla delicata sintesi fra conservazione e rispetto dell’esistente e soddisfacimento dei requisiti che ne consentano l’uso. Da questa consapevolezza, e dall’orgogliosa rivendicazione della priorità del restauro anche in situazioni post-traumatiche, nasce l’intervento condotto su palazzo Carli-Benedetti all’Aquila. L’edificio, vincolato e di proprietà privata, appare come un interessante esempio di palazzo quattrocentesco reinterpretato nel Settecento e, al tempo stesso, prodotto di una densa stratificazione costruttiva avviata nel XIV secolo e proseguita – anche con l’intervento distruttivo d’importanti terremoti – fino al XX secolo. L’investigazione continua dell’esistente e la restituzione critica della logica costruttiva e figurativa del palazzo - nelle progressive configurazioni e nello stato precedente ai crolli - hanno così collocato la problematica strutturale e quella della ricostruzione delle parti crollate nella giusta prospettiva operativa. Le murature portanti, in gran parte lesionate e parzialmente ruotate in prossimità delle angolate libere, sono state tutte conservate e rafforzate, presidiando le zone di vulnerabilità (per la presenza di cavedi e vani interni), così come le coperture a volta di tipo diverso, i solai lignei, le coperture, procedendo con una selettiva opera di consolidamento e locale integrazione. Il rassicurante orizzonte della ricostruzione dello stato anteriore ai crolli, prescritto essenzialmente per normare e tenere sotto controllo i finanziamenti pubblici erogati, è stato nel concreto declinato sulla base delle effettive condizioni dell’esistente. Si è così garantita, con l’aiuto sempre collaborativo della Soprintendenza, da un lato la massima persistenza delle strutture originarie, e dall’altro, con la negoziazione delle scelte con i proprietari degli appartamenti in cui il palazzo è stato frazionato, l’efficace ricostituzione degli spazi residenziali. Quest’ultima risulta compatibile con la conservazione e la valorizzazione degli elementi che qualificano l’architettura del palazzo: le strutture medievali dei livelli inferiori, il celebre cortile quattrocentesco di Silvestro Aquilano, la riconfigurazione settecentesca del loggiato e degli spazi voltati e, soprattutto, l’insostituibile fascino di un edificio unitario che riesce a sintetizzare nella propria architettura la vicenda insostituibile di un importante frammento di storia materiale e figurativa dell’Aquila.

Restaurare dopo il terremoto: Palazzo Carli-Benedetti all’Aquila

Bartolomucci C
2020-01-01

Abstract

Ricostruzione e messa in sicurezza appaiono quali categorie dominanti e ricorrenti del post-sisma, quasi che l’attività di restauro, anche in riferimento a centri storici stratificati e sostanzialmente preservati, non bastasse a risolvere le problematiche sollevate dallo scenario successivo all’evento catastrofico. In questa accezione, pertanto, si opera una sorta di rovesciamento concettuale, nel quale il restauro diviene una sotto-categoria della ricostruzione e del consolidamento, rimanendo confinato in particolari recinti operativi (gli edifici sottoposti agli interventi della Soprintendenza, le componenti e le ‘superfici di pregio’). Esattamente il contrario di quanto – in condizioni di ‘quiete’ – viene considerata competenza naturale del restauro, il quale prevede un’ampia gamma di possibilità, comprese le ricostruzioni (come reintegrazioni) e le messe in sicurezza (come restauri strutturali). Il rovesciamento di senso non è solo concettuale, ma porta con sé conseguenze operative concrete e consistenti, a partire dalle prescrizioni normative, che stabiliscono priorità di intervento e di finanziamento, per arrivare alle scelte progettuali e attuative, sia in riferimento alle competenze professionali coinvolte che alla definizione degli strumenti progettuali (capitolato, prezziario ecc.). La ricostruzione e la messa in sicurezza guardano prioritariamente al recupero funzionale delle architetture storiche, il restauro lavora sulla delicata sintesi fra conservazione e rispetto dell’esistente e soddisfacimento dei requisiti che ne consentano l’uso. Da questa consapevolezza, e dall’orgogliosa rivendicazione della priorità del restauro anche in situazioni post-traumatiche, nasce l’intervento condotto su palazzo Carli-Benedetti all’Aquila. L’edificio, vincolato e di proprietà privata, appare come un interessante esempio di palazzo quattrocentesco reinterpretato nel Settecento e, al tempo stesso, prodotto di una densa stratificazione costruttiva avviata nel XIV secolo e proseguita – anche con l’intervento distruttivo d’importanti terremoti – fino al XX secolo. L’investigazione continua dell’esistente e la restituzione critica della logica costruttiva e figurativa del palazzo - nelle progressive configurazioni e nello stato precedente ai crolli - hanno così collocato la problematica strutturale e quella della ricostruzione delle parti crollate nella giusta prospettiva operativa. Le murature portanti, in gran parte lesionate e parzialmente ruotate in prossimità delle angolate libere, sono state tutte conservate e rafforzate, presidiando le zone di vulnerabilità (per la presenza di cavedi e vani interni), così come le coperture a volta di tipo diverso, i solai lignei, le coperture, procedendo con una selettiva opera di consolidamento e locale integrazione. Il rassicurante orizzonte della ricostruzione dello stato anteriore ai crolli, prescritto essenzialmente per normare e tenere sotto controllo i finanziamenti pubblici erogati, è stato nel concreto declinato sulla base delle effettive condizioni dell’esistente. Si è così garantita, con l’aiuto sempre collaborativo della Soprintendenza, da un lato la massima persistenza delle strutture originarie, e dall’altro, con la negoziazione delle scelte con i proprietari degli appartamenti in cui il palazzo è stato frazionato, l’efficace ricostituzione degli spazi residenziali. Quest’ultima risulta compatibile con la conservazione e la valorizzazione degli elementi che qualificano l’architettura del palazzo: le strutture medievali dei livelli inferiori, il celebre cortile quattrocentesco di Silvestro Aquilano, la riconfigurazione settecentesca del loggiato e degli spazi voltati e, soprattutto, l’insostituibile fascino di un edificio unitario che riesce a sintetizzare nella propria architettura la vicenda insostituibile di un importante frammento di storia materiale e figurativa dell’Aquila.
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