Le costruzioni esistenti in muratura presentano talvolta strutture con muri ortogonali fra loro adiacenti ma non ammorsati convenientemente. Una modesta adesione vi può essere data da uno strato verticale di malta. Muri che nella concezione iniziale erano stati considerati indipendenti, dedicati alla sola portanza verticale o, in parte, senza neppure funzione portante, pur essendo in muratura piena. In caso di necessità di adeguamento sismico, può risultare utile accoppiare parti di muri ortogonali per aumentarne la rigidezza e la resistenza rispetto alle azioni orizzontali. Infatti, dove la richiesta di maggior prestazione non è grande, qualora il semplice consolidamento della muratura in sé non sia sufficiente, l’accoppiamento dei muri da una parte può evitare di dover ricorrere all’inserimento di nuovi elementi strutturali e dall’altra, contribuire alla stabilità dei singoli muri rispetto alle azioni trasversali. In passato, interventi di questo tipo sono stati realizzati mediante l’impiego di iniezioni di malte cementizie o resine, armate con barre metalliche, che attraversano un muro trasversalmente e penetrano in profondità inghisandosi longitudinalmente nel secondo. Peraltro, tali interventi disturbano notevolmente la struttura muraria intima, arrivando anche a disgregarla localmente nella fase della perforazione, pur legandola di nuovo con la malta. Si è quindi studiato e sperimentato un metodo di ammorsatura non distruttivo per collegamento di due muri a T, operato con barrette sottili ( 5 ÷ 10 mm) di polimero rinforzato con fibra aramidica (1,0 ÷ 3,5 x 105 fibre), che attraversano (in fori 6 ÷ 12 mm) il muro “di ala” e si ancorano sulla faccia esterna di questo e lungo le superfici laterali del muro “di anima”, mediante sfioccamento delle fibre e loro incollaggio sulla superficie muraria. Le barrette sono applicate a ± 45° lungo gli spigoli di contatto tra i due muri da collegare. Esse possono essere messe in pretensione artificialmente. Con le sfioccature, la forza viene ben distribuita lungo i muri; solo quello di ala è interessato da un piccolo numero di fori di piccolo diametro. Il metodo, se dall’analisi strutturale risulta sufficiente il sistema dei muri collegati, permette di sfruttare i muri esistenti, senza aggiungere elementi e fondazioni. Sono stati provati tre campioni al vero in muratura di mattoni e sono in corso ulteriori prove per accertare la validità misurare gli effetti del sistema di collegamento. I campioni sono pannelli di muro alti 2 m, con due ali alle testate, realizzati in muratura a una testa. Essi sono stati sottoposti a prove quasi-statiche, con un carico verticale fisso e carico laterale alternato con cicli crescenti. Le prove hanno dimostrato finora un’ottima resistenza del collegamento, del quale si sta calibrando la rigidezza, per stabilire i criteri da adottare per chiamare in causa l’effettiva intera collaborazione degli elementi collegati prima che si raggiunga uno stato limite ultimo locale.
Vulnerabilità degli aggregati edilizi con incertezze intrinseche ed epistemiche
MONTI, Giorgio;VAILATI, MARCO
2009-01-01
Abstract
Le costruzioni esistenti in muratura presentano talvolta strutture con muri ortogonali fra loro adiacenti ma non ammorsati convenientemente. Una modesta adesione vi può essere data da uno strato verticale di malta. Muri che nella concezione iniziale erano stati considerati indipendenti, dedicati alla sola portanza verticale o, in parte, senza neppure funzione portante, pur essendo in muratura piena. In caso di necessità di adeguamento sismico, può risultare utile accoppiare parti di muri ortogonali per aumentarne la rigidezza e la resistenza rispetto alle azioni orizzontali. Infatti, dove la richiesta di maggior prestazione non è grande, qualora il semplice consolidamento della muratura in sé non sia sufficiente, l’accoppiamento dei muri da una parte può evitare di dover ricorrere all’inserimento di nuovi elementi strutturali e dall’altra, contribuire alla stabilità dei singoli muri rispetto alle azioni trasversali. In passato, interventi di questo tipo sono stati realizzati mediante l’impiego di iniezioni di malte cementizie o resine, armate con barre metalliche, che attraversano un muro trasversalmente e penetrano in profondità inghisandosi longitudinalmente nel secondo. Peraltro, tali interventi disturbano notevolmente la struttura muraria intima, arrivando anche a disgregarla localmente nella fase della perforazione, pur legandola di nuovo con la malta. Si è quindi studiato e sperimentato un metodo di ammorsatura non distruttivo per collegamento di due muri a T, operato con barrette sottili ( 5 ÷ 10 mm) di polimero rinforzato con fibra aramidica (1,0 ÷ 3,5 x 105 fibre), che attraversano (in fori 6 ÷ 12 mm) il muro “di ala” e si ancorano sulla faccia esterna di questo e lungo le superfici laterali del muro “di anima”, mediante sfioccamento delle fibre e loro incollaggio sulla superficie muraria. Le barrette sono applicate a ± 45° lungo gli spigoli di contatto tra i due muri da collegare. Esse possono essere messe in pretensione artificialmente. Con le sfioccature, la forza viene ben distribuita lungo i muri; solo quello di ala è interessato da un piccolo numero di fori di piccolo diametro. Il metodo, se dall’analisi strutturale risulta sufficiente il sistema dei muri collegati, permette di sfruttare i muri esistenti, senza aggiungere elementi e fondazioni. Sono stati provati tre campioni al vero in muratura di mattoni e sono in corso ulteriori prove per accertare la validità misurare gli effetti del sistema di collegamento. I campioni sono pannelli di muro alti 2 m, con due ali alle testate, realizzati in muratura a una testa. Essi sono stati sottoposti a prove quasi-statiche, con un carico verticale fisso e carico laterale alternato con cicli crescenti. Le prove hanno dimostrato finora un’ottima resistenza del collegamento, del quale si sta calibrando la rigidezza, per stabilire i criteri da adottare per chiamare in causa l’effettiva intera collaborazione degli elementi collegati prima che si raggiunga uno stato limite ultimo locale.Pubblicazioni consigliate
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