La sentenza n. 242 del 2019 pone all'attenzione della dottrina molteplici linee problematiche: dalla delicatissima sfera delle questioni relative al “fine vita” alle riflessioni concernenti lo strumento decisionale prescelto dalla Corte (sentenza di accoglimento “manipolativa-additiva”). La motivazione della sentenza si caratterizza per la rarefazione del parametro costituzionale e per il ridotto spazio assegnato alla riflessione relativa all'esistenza di un fondamento costituzionale del suicidio (e dunque dell'aiuto al suicidio), che viene raffigurato come conseguenza del diritto a rifiutare le cure. Utilizzando lo schema del giudizio di ragionevolezza la Corte costituzionale dichiara “irragionevole” punire penalmente l'aiuto al suicidio quando la relativa condotta venga a concretizzarsi con riguardo a casi che – secondo la legge n. 219 del 2017 - giustificano il ricorso alla sedazione profonda. Ma, in questa argomentazione, estremamente rarefatto è proprio il parametro costituzionale. Nella motivazione della sentenza i parametri costituzionali invocati (artt. 3 e 32 Cost.) non ricevono specifico approfondimento ed il peculiare dispositivo di accoglimento è conseguenza della scelta della Corte di optare per una dichiarazione di incostituzionalità volta ad introdurre una “nuova” disciplina. Riemergono così i profili problematici che accompagnano, fin dalla sua apparizione, la storia della giustizia costituzionale in particolare con riguardo al ruolo del giudice costituzionale nell'ordinamento ed ai rapporti dello stesso con il potere legislativo.

La sentenza n. 242 del 2019 ovvero della rarefazione del parametro costituzionale e della fine delle “rime obbligate”? Un giudizio di ragionevolezza in una questione di costituzionalità eticamente (molto) sensibile

Politi
2020-01-01

Abstract

La sentenza n. 242 del 2019 pone all'attenzione della dottrina molteplici linee problematiche: dalla delicatissima sfera delle questioni relative al “fine vita” alle riflessioni concernenti lo strumento decisionale prescelto dalla Corte (sentenza di accoglimento “manipolativa-additiva”). La motivazione della sentenza si caratterizza per la rarefazione del parametro costituzionale e per il ridotto spazio assegnato alla riflessione relativa all'esistenza di un fondamento costituzionale del suicidio (e dunque dell'aiuto al suicidio), che viene raffigurato come conseguenza del diritto a rifiutare le cure. Utilizzando lo schema del giudizio di ragionevolezza la Corte costituzionale dichiara “irragionevole” punire penalmente l'aiuto al suicidio quando la relativa condotta venga a concretizzarsi con riguardo a casi che – secondo la legge n. 219 del 2017 - giustificano il ricorso alla sedazione profonda. Ma, in questa argomentazione, estremamente rarefatto è proprio il parametro costituzionale. Nella motivazione della sentenza i parametri costituzionali invocati (artt. 3 e 32 Cost.) non ricevono specifico approfondimento ed il peculiare dispositivo di accoglimento è conseguenza della scelta della Corte di optare per una dichiarazione di incostituzionalità volta ad introdurre una “nuova” disciplina. Riemergono così i profili problematici che accompagnano, fin dalla sua apparizione, la storia della giustizia costituzionale in particolare con riguardo al ruolo del giudice costituzionale nell'ordinamento ed ai rapporti dello stesso con il potere legislativo.
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