La normativa attualmente vigente, in ordine alla presenza di usura nei mutui e nelle altre forme di finanziamento, è costituita dalla legge 108/96, la quale ha modificato l’art. 644 del codice penale. In particolare, l’art. 1 indica il limite oltre il quale il tasso di interesse è da ritenersi usurario e precisa che, nel calcolo del tasso di un finanziamento vanno considerate le commissioni, le remunerazioni a qualsiasi titolo e le spese, escluse quelle per imposte e tasse, collegate all’erogazione del credito. Nella stessa legge l’usura viene sanzionata e, con particolare riferimento ai mutui, la legge integra l’art. 1815 del codice civile nel seguente modo: “se sono convenuti interessi usurari, la clausola è nulla e non sono dovuti interessi”. Alla Banca d’Italia spetta trimestralmente l’onere di fissare il tasso limite di usura per le diverse forme di finanziamento bancario, attraverso la determinazione di un tasso effettivo globale medio (TEGM), al quale va applicata una fissata formula per la determinazione del tasso soglia di usura (TSU): in particolare, dal marzo 1997 al marzo 2011, il tasso soglia era ottenuto aggiungendo al TEGM il suo 50%, mentre dall’aprile 2011, lo stesso tasso è ottenuto maggiorando del 25% il TEGM e aggiungendo 4 punti percentuali (fino ad 8 punti percentuali complessivi). La verifica della presenza di usura si realizza, confrontando il tasso soglia con il tasso effettivo applicato ad un mutuo, partendo dal TAN (Tasso Annuo Nominale, con indicazione della propria convertibilità) e considerando tutti gli oneri ammissibili, tra i quali assume particolare interesse la presenza del tasso di mora, con riguardo al quale sussistono diverse interpretazioni e modalità di considerazione, anche in conseguenza del fatto che esso può presentarsi sia come additivo (spread) del tasso corrispettivo applicato al mutuo, sia come sostitutivo dello stesso. Negli atti notarili per l’erogazione di un mutuo è fatto solitamente esplicito richiamo al “divieto di capitalizzazione degli interessi di mora”: è evidente che la considerazione di tale locuzione comporta, per il calcolo degli interessi di mora, l’applicazione del regime della capitalizzazione semplice.
“Problematiche relative alla considerazione del tasso di mora nel calcolo del TAEG nell’ammortamento di un mutuo “alla francese”. Complementi
Antonio Annibali
;Carla Barracchini
;
2019-01-01
Abstract
La normativa attualmente vigente, in ordine alla presenza di usura nei mutui e nelle altre forme di finanziamento, è costituita dalla legge 108/96, la quale ha modificato l’art. 644 del codice penale. In particolare, l’art. 1 indica il limite oltre il quale il tasso di interesse è da ritenersi usurario e precisa che, nel calcolo del tasso di un finanziamento vanno considerate le commissioni, le remunerazioni a qualsiasi titolo e le spese, escluse quelle per imposte e tasse, collegate all’erogazione del credito. Nella stessa legge l’usura viene sanzionata e, con particolare riferimento ai mutui, la legge integra l’art. 1815 del codice civile nel seguente modo: “se sono convenuti interessi usurari, la clausola è nulla e non sono dovuti interessi”. Alla Banca d’Italia spetta trimestralmente l’onere di fissare il tasso limite di usura per le diverse forme di finanziamento bancario, attraverso la determinazione di un tasso effettivo globale medio (TEGM), al quale va applicata una fissata formula per la determinazione del tasso soglia di usura (TSU): in particolare, dal marzo 1997 al marzo 2011, il tasso soglia era ottenuto aggiungendo al TEGM il suo 50%, mentre dall’aprile 2011, lo stesso tasso è ottenuto maggiorando del 25% il TEGM e aggiungendo 4 punti percentuali (fino ad 8 punti percentuali complessivi). La verifica della presenza di usura si realizza, confrontando il tasso soglia con il tasso effettivo applicato ad un mutuo, partendo dal TAN (Tasso Annuo Nominale, con indicazione della propria convertibilità) e considerando tutti gli oneri ammissibili, tra i quali assume particolare interesse la presenza del tasso di mora, con riguardo al quale sussistono diverse interpretazioni e modalità di considerazione, anche in conseguenza del fatto che esso può presentarsi sia come additivo (spread) del tasso corrispettivo applicato al mutuo, sia come sostitutivo dello stesso. Negli atti notarili per l’erogazione di un mutuo è fatto solitamente esplicito richiamo al “divieto di capitalizzazione degli interessi di mora”: è evidente che la considerazione di tale locuzione comporta, per il calcolo degli interessi di mora, l’applicazione del regime della capitalizzazione semplice.Pubblicazioni consigliate
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