La profezia di Ociroe in Ov. met. II 640-54 riguarda il destino di Esculapio, punito da Giove per aver restituito la vita a un morto e poi perdonato, e sfiora quello di Chirone: restabat fatis aliquid (v. 655) infatti, ma il compiersi della metamorfosi impedisce alla profetessa di concludere. Il lettore è così invitato a completare la storia rivolgendosi a un altro testo, cioè i fasti, dove la vicenda della morte Chirone a causa della freccia avvelenata di Ercole è narrata per esteso nel V libro, vv. 379 ss., ma dove anche Esculapio è presente, VI 746 ss. Il confronto fra la versione elegiaca dei due episodi con i cenni a essi dedicati nel poema epico va a confermare la tesi di fondo di Ovids elegiache Erzaehlung di Richard Heinze, applicandola a due storie di catasterismo (un ambito cui Heinze non dedicava invece attenzione) e in un caso a un Weiterdichten interno all’opera ovidiana (la vicenda di Chirone non viene narrata in parallelo nei due poemi ma accennata nelle metamorfosi e completata estesamente nei fasti). In particolare, il motivo dei rapporti famigliari, spec. quello padre-figlio, va a improntare nei fasti i due episodi (Esculapio era figlio di Apollo e nipote di Giove; Chirone è esplicitamente una figura paterna per Achille): ottiene in questo modo evidenza il carattere patetico e sentimentale dell’eleeinon (in entrambi gli episodi è presente l’invocazione care pater) mentre all’opposto si riduce la componente del meraviglioso legata al ‘lieto fine’ del catasterismo: in un poema che pure si prefigge di cantare gli astra, il nucleo narrativo non è costituito dal miracolo in cielo ma dai patimenti terreni che vi hanno preluso.

Esculapio e Chirone tra fasti e metamorfosi: tradizione mitologica e definizione del genere letterario

MERLI, Elena
2004-01-01

Abstract

La profezia di Ociroe in Ov. met. II 640-54 riguarda il destino di Esculapio, punito da Giove per aver restituito la vita a un morto e poi perdonato, e sfiora quello di Chirone: restabat fatis aliquid (v. 655) infatti, ma il compiersi della metamorfosi impedisce alla profetessa di concludere. Il lettore è così invitato a completare la storia rivolgendosi a un altro testo, cioè i fasti, dove la vicenda della morte Chirone a causa della freccia avvelenata di Ercole è narrata per esteso nel V libro, vv. 379 ss., ma dove anche Esculapio è presente, VI 746 ss. Il confronto fra la versione elegiaca dei due episodi con i cenni a essi dedicati nel poema epico va a confermare la tesi di fondo di Ovids elegiache Erzaehlung di Richard Heinze, applicandola a due storie di catasterismo (un ambito cui Heinze non dedicava invece attenzione) e in un caso a un Weiterdichten interno all’opera ovidiana (la vicenda di Chirone non viene narrata in parallelo nei due poemi ma accennata nelle metamorfosi e completata estesamente nei fasti). In particolare, il motivo dei rapporti famigliari, spec. quello padre-figlio, va a improntare nei fasti i due episodi (Esculapio era figlio di Apollo e nipote di Giove; Chirone è esplicitamente una figura paterna per Achille): ottiene in questo modo evidenza il carattere patetico e sentimentale dell’eleeinon (in entrambi gli episodi è presente l’invocazione care pater) mentre all’opposto si riduce la componente del meraviglioso legata al ‘lieto fine’ del catasterismo: in un poema che pure si prefigge di cantare gli astra, il nucleo narrativo non è costituito dal miracolo in cielo ma dai patimenti terreni che vi hanno preluso.
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