La ricerca prende le mosse dalla tesi sostenuta da Richard Hainze in Ovids elegiache Erzählung: i fasti e le metamorfosi narrano talvolta lo stesso episodio conferendogli un orientamento patetico, sentimentale e di lamento, cioè sostanzialmente elegiaco (i fasti), meraviglioso e sublime, cioè sostanzialmente epico (le metamorfosi). Questa tesi funziona in larga parte se applicata a singoli episodi ma non rende ragione della grande complessità della scrittura ovidiana. Uscendo dalla questione, troppo limitata, degli episodi paralleli, il saggio esamina due nuclei di materia epica che vengono calati nel tessuto elegiaco del poema calendariale: il dio Marte in quanto personaggio del poema, protagonista della sezione iniziale del III libro (I-II capp.) e gli episodi di battaglia e di duello (III-V capp., dedicati rispettivamente all’assedio del Campidoglio da parte dei Galli, alla clades Cremerensis, allo scontro fra Ercole e Caco). Si tratta di segmenti privi quasi del tutto di elementi sentimentali, e dunque non interpretabili secondo i criteri ‘heinziani’, ma che rivelano via via una specificità nell’attenzione a dettagli eruditi e a gesti didascalici (Marte come goffo e inadeguato informante eziologico) e nella riduzione dell’afflato epico nella frammentazione del distico, con gli effetti che ne derivano (concentrazione del racconto, esagerazione del dettaglio: fatti soprattutto evidenti nell’analisi dello scontro fra Ercole e Caco nel I libro dei fasti a paragone del testo virgiliano). La specificità elegiaca del poema calendariale si deve ricercare anche in questi aspetti oltre che nel carattere sentimentale e patetico di singoli episodi: i valori legati alla virtus e al mondo della guerra sono messi in scena con grande risalto ma si dimostrano perdenti a fronte dell’uso di stratagemmi e della scaltrezza (capp. III e IV), il dio della guerra si trova poco a suo agio nel moderno e dotto poema, e dopo aver tentato di farsi informante se ne va stizzito, senza essere riuscito a rispondere alle domande del vates operosus (cap. II). Nel complesso, si delinea un’elegia composita ed ernster Tendenz (secondo una definizione di Heinze), che, se abbandona i motivi più caratteristici della poesia d’amore, resta però fedele a una linea pacifista e dotta, mettendo in scena come ‘vincenti’ valori e personaggi duttili e a proprio agio nella modernità. Per un riassunto ‘critico’ capitolo per capitolo mi permetto di rimandare alla recensione dedicata al volume da John Miller, “CQ” 55, 2005, 532-5.
Arma canant alii. Materia epica e narrazione elegiaca nei fasti di Ovidio
MERLI, Elena
2000-01-01
Abstract
La ricerca prende le mosse dalla tesi sostenuta da Richard Hainze in Ovids elegiache Erzählung: i fasti e le metamorfosi narrano talvolta lo stesso episodio conferendogli un orientamento patetico, sentimentale e di lamento, cioè sostanzialmente elegiaco (i fasti), meraviglioso e sublime, cioè sostanzialmente epico (le metamorfosi). Questa tesi funziona in larga parte se applicata a singoli episodi ma non rende ragione della grande complessità della scrittura ovidiana. Uscendo dalla questione, troppo limitata, degli episodi paralleli, il saggio esamina due nuclei di materia epica che vengono calati nel tessuto elegiaco del poema calendariale: il dio Marte in quanto personaggio del poema, protagonista della sezione iniziale del III libro (I-II capp.) e gli episodi di battaglia e di duello (III-V capp., dedicati rispettivamente all’assedio del Campidoglio da parte dei Galli, alla clades Cremerensis, allo scontro fra Ercole e Caco). Si tratta di segmenti privi quasi del tutto di elementi sentimentali, e dunque non interpretabili secondo i criteri ‘heinziani’, ma che rivelano via via una specificità nell’attenzione a dettagli eruditi e a gesti didascalici (Marte come goffo e inadeguato informante eziologico) e nella riduzione dell’afflato epico nella frammentazione del distico, con gli effetti che ne derivano (concentrazione del racconto, esagerazione del dettaglio: fatti soprattutto evidenti nell’analisi dello scontro fra Ercole e Caco nel I libro dei fasti a paragone del testo virgiliano). La specificità elegiaca del poema calendariale si deve ricercare anche in questi aspetti oltre che nel carattere sentimentale e patetico di singoli episodi: i valori legati alla virtus e al mondo della guerra sono messi in scena con grande risalto ma si dimostrano perdenti a fronte dell’uso di stratagemmi e della scaltrezza (capp. III e IV), il dio della guerra si trova poco a suo agio nel moderno e dotto poema, e dopo aver tentato di farsi informante se ne va stizzito, senza essere riuscito a rispondere alle domande del vates operosus (cap. II). Nel complesso, si delinea un’elegia composita ed ernster Tendenz (secondo una definizione di Heinze), che, se abbandona i motivi più caratteristici della poesia d’amore, resta però fedele a una linea pacifista e dotta, mettendo in scena come ‘vincenti’ valori e personaggi duttili e a proprio agio nella modernità. Per un riassunto ‘critico’ capitolo per capitolo mi permetto di rimandare alla recensione dedicata al volume da John Miller, “CQ” 55, 2005, 532-5.Pubblicazioni consigliate
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