Secondo un luogo comune, l'Italia sarebbe il paese della mafia, della corruzione, dell'evasione fiscale, dell'impunità: un caso anomalo nel mondo civile. In queste pagine, invece, si vede il bicchiere mezzo pieno: l'Italia è il paese dell'antimafia e di Mani pulite. In nessun altro luogo il crimine è altrettanto osservato, intercettato, indagato, pubblicizzato, processato. Appare più visibile perché c'è la magistratura più indipendente e la stampa più pluralista. L'Italia è la patria di Francesco d'Assisi, di Cesare Beccaria, di Giorgio Perlasca, di Paolo Borsellino e di infiniti esempi di impegno civile. Sui delitti e sulle pene, sulle regole, sull'ordinamento giuridico, sul moralismo c'è una grande cultura realista italiana, che non può essere confusa con l'ipocrisia o con il pragmatismo. Non è univoca la nostra storia della legalità, da Cesare Lombroso a Norberto Bobbio, da Giulio Andreotti a Silvio Berlusconi. Nel Casino Capitalism, la speranza di giustizia registra ovunque successi e insuccessi, dubbi e delusioni. In un mondo interconnesso, un classico problema italiano come la mafia siciliana può essere visto a confronto con Stati Uniti, Giappone, Russia, Cuba. Le patologie esistono anche nelle altre democrazie, ma sono state affrontate da noi con maggiore determinazione e passione: abbiamo ragionato molto sulle medicine, sulle conseguenze, su quanto sono tossiche e invasive. Con tutto il rispetto per Transparency International e Freedom House, l'Italia è caratterizzata da una minima violenza: nonostante il peso della criminalità organizzata, il tasso di omicidi è tra i più bassi del mondo, inferiore rispetto agli altri grandi paesi. Nascono però mille nuove incognite, dall'ambiente alla genetica: è necessaria una società della conoscenza anche in questo ambito. La tolleranza, la mitezza, il garantismo, il pacifismo, senza livelli adeguati di cultura, possono diventare insufficienti, controproducenti, fuorvianti.
Il crimine all'italiana. Una tradizione realista, garantista, mite
SIDOTI, FRANCESCO
2012-01-01
Abstract
Secondo un luogo comune, l'Italia sarebbe il paese della mafia, della corruzione, dell'evasione fiscale, dell'impunità: un caso anomalo nel mondo civile. In queste pagine, invece, si vede il bicchiere mezzo pieno: l'Italia è il paese dell'antimafia e di Mani pulite. In nessun altro luogo il crimine è altrettanto osservato, intercettato, indagato, pubblicizzato, processato. Appare più visibile perché c'è la magistratura più indipendente e la stampa più pluralista. L'Italia è la patria di Francesco d'Assisi, di Cesare Beccaria, di Giorgio Perlasca, di Paolo Borsellino e di infiniti esempi di impegno civile. Sui delitti e sulle pene, sulle regole, sull'ordinamento giuridico, sul moralismo c'è una grande cultura realista italiana, che non può essere confusa con l'ipocrisia o con il pragmatismo. Non è univoca la nostra storia della legalità, da Cesare Lombroso a Norberto Bobbio, da Giulio Andreotti a Silvio Berlusconi. Nel Casino Capitalism, la speranza di giustizia registra ovunque successi e insuccessi, dubbi e delusioni. In un mondo interconnesso, un classico problema italiano come la mafia siciliana può essere visto a confronto con Stati Uniti, Giappone, Russia, Cuba. Le patologie esistono anche nelle altre democrazie, ma sono state affrontate da noi con maggiore determinazione e passione: abbiamo ragionato molto sulle medicine, sulle conseguenze, su quanto sono tossiche e invasive. Con tutto il rispetto per Transparency International e Freedom House, l'Italia è caratterizzata da una minima violenza: nonostante il peso della criminalità organizzata, il tasso di omicidi è tra i più bassi del mondo, inferiore rispetto agli altri grandi paesi. Nascono però mille nuove incognite, dall'ambiente alla genetica: è necessaria una società della conoscenza anche in questo ambito. La tolleranza, la mitezza, il garantismo, il pacifismo, senza livelli adeguati di cultura, possono diventare insufficienti, controproducenti, fuorvianti.Pubblicazioni consigliate
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