Nei Paesi Occidentali la vita delle persone si è allungata, ed un numero maggiore di uomini e di donne vive più a lungo, come risultato di profondi cambiamenti negli stili di vita e di notevoli progressi nella medicina e della farmacologia. Con l’aumentare della popolazione anziana, aumenta purtroppo anche l’incidenza di situazioni di “perdita delle capacità funzionali o dell’attività conseguente alla memorizzazione”: tra queste si inserisce la perdita progressiva delle Capacità Mentali Superiori, ovvero la Demenza. Le Sindromi Demenziali sono state descritte da diversi Autori anche agli albori della medicina moderna: P. Pinel (1801) ed E. Esquirol (1838) le affrontarono nei loro trattati sulle malattie della mente. Tra le malattie dementigene, la forma descritta da Aloise Alzhaimer nel 1907 è quella prevalente. Secondo dati riportati dal Bollettino Epidemiologico Nazionale, in Europa si stima che la demenza di Alzhaimer raggiunga il 54% di tutte le demenze; la prevalenza della malattia aumenta in relazione all’età, ed i tassi di incidenza hanno lo stesso andamento. Tutti gli studi sono concordi nel mostrare un aumento dell’incidenza della demenza in relazione all’età del soggetto affetto: il tasso di incidenza annuale è stimato in circa l’1% nei soggetti di età superiore ai 65 anni, variando dallo 0,2 allo 0,8% nei soggetti di età compresa tra i 65 e i 69 anni, fino a più del 3% nei soggetti ultra-ottantenni. Secondo gli studi che hanno analizzato l’incidenza specifica della malattia di Alzheimer, il tasso globale di incidenza in soggetti ultra-sessantacinquenni varia dallo 0,63% all’1,14% secondo i vari studi; nelle varie classi di età i tassi vanno dallo 0,07% nei soggetti 65-69 anni al 3,3% nel gruppo di 80-84, con differenze rilevanti tra i vari studi. In Italia, secondo quanto rilevato dallo studio ILSA (Italian Longitudinal Study on Aging), la demenza interessa il 5,3% degli uomini ultrasessantacinquenni e il 7,2% delle donne della stessa età. gli unici dati sull’incidenza disponibili per l’Italia provengono dallo stesso studio ILSA e mostrano un tasso medio annuale, standardizzato alla popolazione italiana ultra-sessantacinquenne, dell’1% degli uomini e dell’1,3% per le donne. Oltre al rischio di malattia legato all’età del soggetto, sono state rilevate differenze significative nella manifestazione dell’AD rispetto ai due sessi. Infatti indipendentemente dalle classi di età di appartenenza, le donne, rispetto agli uomini, mostrano una più alta incidenza di malattia di Alzheimer. Il rischio di malattia di Alzheimer cresce esponenzialmente con l’aumentare dell’età, ma con decise differenze tra i due sessi: sembra possibile che fattori ormonali e stili di vita legati al sesso svolgano un ruolo importante nell’eziopatogenesi della demenza a maggiore prevalenza. I costi sociali ed economici della demenza sono particolarmente alti: alle spese necessarie per la cura e l’assistenza di persone gravemente disabili protratte per lungo tempo, si aggiungono i costi sostenuti dalle famiglie e i mancati guadagni dei pazienti e dei familiari che, spesso, sono costretti a trascurare il lavoro per farsi carico del paziente. Ai costi economici si aggiungono poi i costi relativi al carico emotivo cui va incontro la famiglia intera ed il caregiver in particolare. Allo stato attuale la Demenza, e la Demenza di Alzhaimer in particolare, non è guaribile e deve quindi essere affrontata con un approccio globale, che riguardi il paziente e la sua famiglia. Nonostante notevoli investimenti, i farmaci utilizzati nella demenza di Alzhaimer hanno un valore terapeutico molto limitato. Progettare ed approntare servizi di assistenza per il malato e la famiglia, ed intervenire con approcci terapeutici non solo farmacologici sono attualmente l’unica possibilità di assicurare al paziente ed alla famiglia una qualità della vita accettabile e decente, accompagnando la persona nel progressivo perdere la sua essenza. In questo ambito di intervento si inserisce il volume di Passafiume & Di Giacomo. L’approccio riabilitativo in esso presentato, illustrato e valutato sperimentalmente, sottende la considerazione del paziente Alzheimer non quale malato da curare farmacologicamente o da assistere passivamente: piuttosto, la metodologia di stimolazione proposta (come le altre metodiche illustrate nel volume) lo vede come soggetto attivo che, pur affetto da una patologia progressivamente ingravescente, deve essere seguito, supportato e stimolato perchè contrasti l’avanzare del deterioramento cognitivo e la perdita delle autonomie comportamentali. Le proposte specifiche e progettate ad hoc per contrastare gli effetti degenerativi della malattia sono accomunate dal fine ultimo, che è quello di migliorare la qualità della vita sia del soggetto affetto da demenza di Alzheimer sia del caregiver, sia infine dell’intero nucleo familiare di appartenenza. Come in ogni patologia che produca lesioni alle strutture encefaliche, la riabilitazione delle funzioni cognitive è e sarà una componente insostituibile ed integrale dell’intervento terapeutico nella Demenza di Alzheimer, in attesa di comprendere i meccanismi eziologici della malattia e poterla quindi prevenire.
La demenza di Alzheimer: Guida alla stimolazione cognitivo comportamentale
PASSAFIUME, Domenico;DI GIACOMO, DINA
2006-01-01
Abstract
Nei Paesi Occidentali la vita delle persone si è allungata, ed un numero maggiore di uomini e di donne vive più a lungo, come risultato di profondi cambiamenti negli stili di vita e di notevoli progressi nella medicina e della farmacologia. Con l’aumentare della popolazione anziana, aumenta purtroppo anche l’incidenza di situazioni di “perdita delle capacità funzionali o dell’attività conseguente alla memorizzazione”: tra queste si inserisce la perdita progressiva delle Capacità Mentali Superiori, ovvero la Demenza. Le Sindromi Demenziali sono state descritte da diversi Autori anche agli albori della medicina moderna: P. Pinel (1801) ed E. Esquirol (1838) le affrontarono nei loro trattati sulle malattie della mente. Tra le malattie dementigene, la forma descritta da Aloise Alzhaimer nel 1907 è quella prevalente. Secondo dati riportati dal Bollettino Epidemiologico Nazionale, in Europa si stima che la demenza di Alzhaimer raggiunga il 54% di tutte le demenze; la prevalenza della malattia aumenta in relazione all’età, ed i tassi di incidenza hanno lo stesso andamento. Tutti gli studi sono concordi nel mostrare un aumento dell’incidenza della demenza in relazione all’età del soggetto affetto: il tasso di incidenza annuale è stimato in circa l’1% nei soggetti di età superiore ai 65 anni, variando dallo 0,2 allo 0,8% nei soggetti di età compresa tra i 65 e i 69 anni, fino a più del 3% nei soggetti ultra-ottantenni. Secondo gli studi che hanno analizzato l’incidenza specifica della malattia di Alzheimer, il tasso globale di incidenza in soggetti ultra-sessantacinquenni varia dallo 0,63% all’1,14% secondo i vari studi; nelle varie classi di età i tassi vanno dallo 0,07% nei soggetti 65-69 anni al 3,3% nel gruppo di 80-84, con differenze rilevanti tra i vari studi. In Italia, secondo quanto rilevato dallo studio ILSA (Italian Longitudinal Study on Aging), la demenza interessa il 5,3% degli uomini ultrasessantacinquenni e il 7,2% delle donne della stessa età. gli unici dati sull’incidenza disponibili per l’Italia provengono dallo stesso studio ILSA e mostrano un tasso medio annuale, standardizzato alla popolazione italiana ultra-sessantacinquenne, dell’1% degli uomini e dell’1,3% per le donne. Oltre al rischio di malattia legato all’età del soggetto, sono state rilevate differenze significative nella manifestazione dell’AD rispetto ai due sessi. Infatti indipendentemente dalle classi di età di appartenenza, le donne, rispetto agli uomini, mostrano una più alta incidenza di malattia di Alzheimer. Il rischio di malattia di Alzheimer cresce esponenzialmente con l’aumentare dell’età, ma con decise differenze tra i due sessi: sembra possibile che fattori ormonali e stili di vita legati al sesso svolgano un ruolo importante nell’eziopatogenesi della demenza a maggiore prevalenza. I costi sociali ed economici della demenza sono particolarmente alti: alle spese necessarie per la cura e l’assistenza di persone gravemente disabili protratte per lungo tempo, si aggiungono i costi sostenuti dalle famiglie e i mancati guadagni dei pazienti e dei familiari che, spesso, sono costretti a trascurare il lavoro per farsi carico del paziente. Ai costi economici si aggiungono poi i costi relativi al carico emotivo cui va incontro la famiglia intera ed il caregiver in particolare. Allo stato attuale la Demenza, e la Demenza di Alzhaimer in particolare, non è guaribile e deve quindi essere affrontata con un approccio globale, che riguardi il paziente e la sua famiglia. Nonostante notevoli investimenti, i farmaci utilizzati nella demenza di Alzhaimer hanno un valore terapeutico molto limitato. Progettare ed approntare servizi di assistenza per il malato e la famiglia, ed intervenire con approcci terapeutici non solo farmacologici sono attualmente l’unica possibilità di assicurare al paziente ed alla famiglia una qualità della vita accettabile e decente, accompagnando la persona nel progressivo perdere la sua essenza. In questo ambito di intervento si inserisce il volume di Passafiume & Di Giacomo. L’approccio riabilitativo in esso presentato, illustrato e valutato sperimentalmente, sottende la considerazione del paziente Alzheimer non quale malato da curare farmacologicamente o da assistere passivamente: piuttosto, la metodologia di stimolazione proposta (come le altre metodiche illustrate nel volume) lo vede come soggetto attivo che, pur affetto da una patologia progressivamente ingravescente, deve essere seguito, supportato e stimolato perchè contrasti l’avanzare del deterioramento cognitivo e la perdita delle autonomie comportamentali. Le proposte specifiche e progettate ad hoc per contrastare gli effetti degenerativi della malattia sono accomunate dal fine ultimo, che è quello di migliorare la qualità della vita sia del soggetto affetto da demenza di Alzheimer sia del caregiver, sia infine dell’intero nucleo familiare di appartenenza. Come in ogni patologia che produca lesioni alle strutture encefaliche, la riabilitazione delle funzioni cognitive è e sarà una componente insostituibile ed integrale dell’intervento terapeutico nella Demenza di Alzheimer, in attesa di comprendere i meccanismi eziologici della malattia e poterla quindi prevenire.Pubblicazioni consigliate
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