L'indagine è rivolta all'approfondimento delle tematiche riguardanti il rapporto scuola-museo - in particolare la comprensione delle relazioni tra museo e istruzione, tra didattica della scuola e didattica dei musei - e ha analizzato in modo specifico l'apprendimento in contesto museale. Pertanto, questo lavoro risulta costituito da tre parti: una prima di impianto teorico; una seconda prevalentemente conoscitiva e descrittiva tendente ad indagare il rapporto scuola-museo; una terza più propriamente sperimentale, centrata sull'apprendimento e sul ricordo dell'esperienza della visita in un museo demoetnoantropologico. Prima parte A partire da un'attenta analisi delle fonti bibliografiche disponibili e uno spoglio della specifica letteratura scientifica, sono state messe a fuoco le problematiche centrali riguardanti il problema della didattica museale in Italia e i rapporti tra didattica generale, museale e museale di settore (corredati dalla stesura una bibliografia completa e aggiornata). Seconda parte Alla luce di un rigoroso approccio scientifico, nella seconda parte della ricerca, si è tentato di cogliere le difficili implicazioni della relazione scuola-museo, dando corso a una indagine che si è svolta parallelamente su tre versanti distinti: l. la scuola: sono stati intervistati un campione di insegnanti di scuola elementare, media inferiore e superiore operanti nelle scuole del Comune di Roma; 2. il museo: sono stati intervistati i direttori dei musei demoetnoantropologici della regione Lazio e della Toscana; 3. il repertorio delle figure professionali: sono stati intervistati coloro che svolgono servizio di promozione culturale e didattica o esperti del settore che, direttamente o indirettamente, operano in materia di azione educativa e culturale all'interno della regione Lazio. Attraverso un'indagine mirata e servendosi di strumenti appropriati, sono stati descritti, da una parte, gli obiettivi e le tipologie dei programmi educativi dei musei e, dall'altra, le modalità e le forme tipiche con cui la scuola si accosta a questi ultimi. Al di là della semplice dichiarazione di principio, la specificità del ruolo educativo del museo e delle sue collezioni, così come le relazioni stabilite tra i due partner, scuola e museo, si sono rivelati ancora un discorso aperto. Infatti, spesso i rapporti tra istruzione e museo sono stati ridotti a mere dichiarazioni d'intenti, dichiarazioni abilmente giustificate dall'attuale utilizzazione sociale dei saperi, utile/non utile, formale/non formale. Se è un dato ormai acquisito che la funzione didattica rientri nei compiti istituzionali del museo, resta però ancora da chiarire sia le forme dominanti attraverso le quali essa si esprime, sia il pubblico che partecipa a queste proposte e a questi programmi. La fase dell'indagine ha previsto, proprio in questo senso, una esplorazione sia delle tipologie e dei modelli di didattica dei musei demoetnoantropologici (didattica museale di settore) del Lazio e della Toscana, sia dell'utilizzazione, da parte degli insegnanti, del museo a fini didattici. Inoltre, ha tenuto conto delle figure professionali del settore che, indirettamente o direttamente, incidono sulla qualità della definizione della proposta didattica; sono state previste in tal senso, infatti, una serie di interviste a un "corpus di giudici". Questa seconda parte della ricerca ha avuto il duplice obiettivo: quello di soddisfare le necessità conoscitive ed interpretative del fenomeno scolastico (uso didattico del museo a scuola) e del fenomeno museale (didattica dei musei demoetnoantropologici) all'interno di una precisa realtà territoriale (quella romana). Il modello di analisi sviluppato consente di stabilire se e in quale misura esista un rapporto scuola-museo a Roma, con particolare riguardo al settore demoetnoantropologico. Si è tentato di tenere conto di due livelli di lettura nella descrizione della domanda e dell'offerta didattico-museale: il livello della domanda, cioè la richiesta di utilizzo didattico del museo da parte della scuola, e il livello dell'offerta, cioè l'attività didattica intesa come servizio previsto/offerto dalle istituzioni museali. Si è tentato così di comprendere il rapporto scuola-museo rispetto alla direzione, al mutamento e alle caratteristiche che esso va assumendo senza perdere di vista la realtà propria dei singoli operatori che si muovono alla ricerca di un proprio ruolo da protagonisti, con identità, obiettivi e procedure diverse, spesso assunti senza piena consapevolezza dei confini del sistema in cui si collocano. L'analisi di realtà complesse e in costante evoluzione, come la scuola e il museo, hanno reso necessario predisporre strumenti conoscitivi integrati, finalizzati alla costituzione di sistemi informativi su ambiti specifici tali da delimitare la complessità del problema, nonché di strumenti che consentissero ai singoli soggetti che si occupano di didattica museale di identificare la propria posizione rispetto agli altri, di definire le proprie competenze. La didattica museale è stata, quindi, considerata secondo un'ottica tripartita: intendendo la scuola come soggetto fruitore del museo e protagonista delle iniziative di coordinamento e di valorizzazione dei beni museali; intendendo il museo come produttore di servizi didattici; intendendo il "corpus di giudici" come insieme di osservatori privilegiati e coautori della qualità della proposta didattica. I risultati della ricerca dimostrano come ancora oggi venga riservato al rapporto scuola-complesso di testimonianze culturali museali (artistiche, storiche, archeologiche, demoetnoantropologiche ecc.) un ruolo largamente inadeguato, sia per le potenzialità del museo sia per le esigenze di formazione dell'allievo, nelle diverse fasce di età. Si deve prende atto che il problema del bene musealizzato non viene recepito da parte della scuola nella sua dimensione più naturale, ovvero innanzitutto come capacità di trarre godimento culturale dall'incontro con gli oggetti. Ne consegue che mancano ancora delle strategie educative che aiutino l'allievo a crescere in questa dimensione, a partire dalle esperienze più semplici, verso quelle più complesse. L'esperienza della visita al museo è ancora lontana dall'essere una pratica consolidata e razionalizzata. Si nota, infatti, un orientamento della politica educativa del museo tendente a proporre delle attività didattiche spesso non sottoposte a procedure di controllo dal punto di vista della qualità della ricaduta cognitiva. Le proposte didattiche appaiono indifferenziate per i tipi di pubblico a cui sono dirette e le visite scolastiche al museo si rivelano episodiche e fuori dalla logica di un'attività programmata collegialmente. Anche se oggi, quindi, la cooperazione scuola-museo si inscrive più chiaramente nei programmi scolastici, il duplice fenomeno dell'attenzione prestata al museo come azione e supporto pedagogico e della sacralità assegnata dagli insegnanti alla cultura del museo concorre ad occultare la dissociazione che si opera tra i sistemi di valore e le logiche eterogenee dell'azione. La relazione scuola-museo presenta una ambiguità di fondo, che investe il riconoscimento delle forme didattiche, la natura delle relazioni tra insegnanti ed operatori museali, ma soprattutto lo statuto accordato alla cultura museale. Terza parte L'esplorazione iniziale ha consentito di individuare il funzionamento e i caratteri costitutivi del rapporto scuola-museo, prendendo a riferimento il caso della realtà romana (e delle due regioni interessate nell'indagine), e soprattutto di elaborare alcune ipotesi in senso sperimentale. La ricerca sperimentale condotta nel settore demoetnoantropologico, mirata allo studio dell'apprendimento in contesto museale, s'incentra sull'impatto della visita guidata al museo sul piano dell'apprendimento e sul ricordo dell'esperienza museale, quest'ultimo inteso come indicatore della comprensione del messaggio museale. L'esperienza ha trovato realizzazione presso il Museo Nazionale delle Arti e Tradizioni Popolari di Roma. L'esperimento, con cui si è tentato di validare un modello di visita guidata con pubblico scolastico (allievi del secondo ciclo della scuola elementare), ha fatto emergere che non si può stabilire in astratto la qualità dell'esperienza museale, ma che è necessario creare le condizioni perché da tale esperienza emerga una precisa funzionalità; in altri termini, è necessario che il museo venga percepito come opportunità per il consolidamento dell'esperienza e per il soddisfacimento delle esigenze individuali, da cui trarre vantaggio. È stata prevista una precisa modalità di conduzione di "visita guidata" centrata sul carattere selettivo e tematico della proposta, su una strategia di lettura appropriata dell'oggetto, mirante al controllo dell'informazione e della comunicazione didattica all'interno del museo, cioè sulle condizioni favorevoli che concorrono a determinare una corretta lettura dell'oggetto museale. Nello specifico, l'obiettivo della ricerca consisteva nel capire se, a partire da un modello di visita guidata condotta in un museo di tipo demoetnoantropologico, potesse essere migliorato l'apprendimento sia del singolo oggetto sia dell'intero percorso di visita e potesse essere incrementato il ricordo dell'esperienza a distanza di quattro mesi da essa tramite l'adozione di un preorientamento cognitivo e topografico (predisposto secondo le indicazioni ricavate dalla letteratura scientifica), che orientasse concettualmente l'allievo, affiancato alla proiezione di un filmato, che avesse lo scopo di ricondurre, al momento della visita, l'oggetto al suo contesto di provenienza concentrando la lettura sugli aspetti materiali e funzionali dell'oggetto stesso. Tale modello di visita teneva conto dell'ambiente museale inteso come ambiente percettivo e come spazio concettuale, consentendo l'osservazione diretta e accurata degli oggetti e della loro rappresentazione mentale. A proposito dell'apprendimento al museo e del ricordo dell'esperienza, i risultati mostrano lo stretto legame che esiste tra trattamento, apprendimento e consolidamento di questo apprendimento a distanza di tempo, ma soprattutto che, anche quando in assenza di trattamento si predilige un percorso razionalizzato (selettivo e tematico), esiste la possibilità di un incremento della comprensione. Lo studio dimostra, comunque, che il trattamento, così come previsto nella sperimentazione, facilita la ritenzione dell'informazione e garantisce una migliore comprensione dell'oggetto e dell'intero itinerario; fa emergere, inoltre, l'importanza che il patrimonio percettivo assume nella decodifica del messaggio museale. I risultati della ricerca mostrano l'efficacia del trattamento nell'interazione dei due fattori (Preorientamento e Filmato), ma evidenziano la maggiore efficacia dello stimolo Filmato rispetto a quello Preorientarnento. Il Preorientamento si rafforza solo nel momento in cui trova l'azione "rinforzante" del Filmato, tanto che, se è sicuramente un elemento che contribuisce ad accrescere la comprensione del percorso di visita, non è di per sé sufficiente a garantirne la conservazione nella memoria. Lo stimolo visivo, il Filmato, assume un aspetto dominante anche e soprattutto nella dimensione e nella qualità del ricordo. Imparare al museo non soltanto attiva processi cognitivi, ma costituisce un'attività che si svolge in un contesto di interazione sociale culturalmente mediata dai rapporti attraverso cui si esplica, caratterizzata anche in senso spaziale e fisico da comportamenti legati agli oggetti e agli ambienti in cui avviene l'apprendimento. Al fine di schematizzare le conclusioni raggiunte è stato fatto ricorso ad una sintesi finale con il bilancio dei risultati per ogni parte della tesi.

Musei, visita guidata e apprendimento: una ricerca sperimentale nel settore demoetnoantropologico

NUZZACI, Antonella
2001-01-01

Abstract

L'indagine è rivolta all'approfondimento delle tematiche riguardanti il rapporto scuola-museo - in particolare la comprensione delle relazioni tra museo e istruzione, tra didattica della scuola e didattica dei musei - e ha analizzato in modo specifico l'apprendimento in contesto museale. Pertanto, questo lavoro risulta costituito da tre parti: una prima di impianto teorico; una seconda prevalentemente conoscitiva e descrittiva tendente ad indagare il rapporto scuola-museo; una terza più propriamente sperimentale, centrata sull'apprendimento e sul ricordo dell'esperienza della visita in un museo demoetnoantropologico. Prima parte A partire da un'attenta analisi delle fonti bibliografiche disponibili e uno spoglio della specifica letteratura scientifica, sono state messe a fuoco le problematiche centrali riguardanti il problema della didattica museale in Italia e i rapporti tra didattica generale, museale e museale di settore (corredati dalla stesura una bibliografia completa e aggiornata). Seconda parte Alla luce di un rigoroso approccio scientifico, nella seconda parte della ricerca, si è tentato di cogliere le difficili implicazioni della relazione scuola-museo, dando corso a una indagine che si è svolta parallelamente su tre versanti distinti: l. la scuola: sono stati intervistati un campione di insegnanti di scuola elementare, media inferiore e superiore operanti nelle scuole del Comune di Roma; 2. il museo: sono stati intervistati i direttori dei musei demoetnoantropologici della regione Lazio e della Toscana; 3. il repertorio delle figure professionali: sono stati intervistati coloro che svolgono servizio di promozione culturale e didattica o esperti del settore che, direttamente o indirettamente, operano in materia di azione educativa e culturale all'interno della regione Lazio. Attraverso un'indagine mirata e servendosi di strumenti appropriati, sono stati descritti, da una parte, gli obiettivi e le tipologie dei programmi educativi dei musei e, dall'altra, le modalità e le forme tipiche con cui la scuola si accosta a questi ultimi. Al di là della semplice dichiarazione di principio, la specificità del ruolo educativo del museo e delle sue collezioni, così come le relazioni stabilite tra i due partner, scuola e museo, si sono rivelati ancora un discorso aperto. Infatti, spesso i rapporti tra istruzione e museo sono stati ridotti a mere dichiarazioni d'intenti, dichiarazioni abilmente giustificate dall'attuale utilizzazione sociale dei saperi, utile/non utile, formale/non formale. Se è un dato ormai acquisito che la funzione didattica rientri nei compiti istituzionali del museo, resta però ancora da chiarire sia le forme dominanti attraverso le quali essa si esprime, sia il pubblico che partecipa a queste proposte e a questi programmi. La fase dell'indagine ha previsto, proprio in questo senso, una esplorazione sia delle tipologie e dei modelli di didattica dei musei demoetnoantropologici (didattica museale di settore) del Lazio e della Toscana, sia dell'utilizzazione, da parte degli insegnanti, del museo a fini didattici. Inoltre, ha tenuto conto delle figure professionali del settore che, indirettamente o direttamente, incidono sulla qualità della definizione della proposta didattica; sono state previste in tal senso, infatti, una serie di interviste a un "corpus di giudici". Questa seconda parte della ricerca ha avuto il duplice obiettivo: quello di soddisfare le necessità conoscitive ed interpretative del fenomeno scolastico (uso didattico del museo a scuola) e del fenomeno museale (didattica dei musei demoetnoantropologici) all'interno di una precisa realtà territoriale (quella romana). Il modello di analisi sviluppato consente di stabilire se e in quale misura esista un rapporto scuola-museo a Roma, con particolare riguardo al settore demoetnoantropologico. Si è tentato di tenere conto di due livelli di lettura nella descrizione della domanda e dell'offerta didattico-museale: il livello della domanda, cioè la richiesta di utilizzo didattico del museo da parte della scuola, e il livello dell'offerta, cioè l'attività didattica intesa come servizio previsto/offerto dalle istituzioni museali. Si è tentato così di comprendere il rapporto scuola-museo rispetto alla direzione, al mutamento e alle caratteristiche che esso va assumendo senza perdere di vista la realtà propria dei singoli operatori che si muovono alla ricerca di un proprio ruolo da protagonisti, con identità, obiettivi e procedure diverse, spesso assunti senza piena consapevolezza dei confini del sistema in cui si collocano. L'analisi di realtà complesse e in costante evoluzione, come la scuola e il museo, hanno reso necessario predisporre strumenti conoscitivi integrati, finalizzati alla costituzione di sistemi informativi su ambiti specifici tali da delimitare la complessità del problema, nonché di strumenti che consentissero ai singoli soggetti che si occupano di didattica museale di identificare la propria posizione rispetto agli altri, di definire le proprie competenze. La didattica museale è stata, quindi, considerata secondo un'ottica tripartita: intendendo la scuola come soggetto fruitore del museo e protagonista delle iniziative di coordinamento e di valorizzazione dei beni museali; intendendo il museo come produttore di servizi didattici; intendendo il "corpus di giudici" come insieme di osservatori privilegiati e coautori della qualità della proposta didattica. I risultati della ricerca dimostrano come ancora oggi venga riservato al rapporto scuola-complesso di testimonianze culturali museali (artistiche, storiche, archeologiche, demoetnoantropologiche ecc.) un ruolo largamente inadeguato, sia per le potenzialità del museo sia per le esigenze di formazione dell'allievo, nelle diverse fasce di età. Si deve prende atto che il problema del bene musealizzato non viene recepito da parte della scuola nella sua dimensione più naturale, ovvero innanzitutto come capacità di trarre godimento culturale dall'incontro con gli oggetti. Ne consegue che mancano ancora delle strategie educative che aiutino l'allievo a crescere in questa dimensione, a partire dalle esperienze più semplici, verso quelle più complesse. L'esperienza della visita al museo è ancora lontana dall'essere una pratica consolidata e razionalizzata. Si nota, infatti, un orientamento della politica educativa del museo tendente a proporre delle attività didattiche spesso non sottoposte a procedure di controllo dal punto di vista della qualità della ricaduta cognitiva. Le proposte didattiche appaiono indifferenziate per i tipi di pubblico a cui sono dirette e le visite scolastiche al museo si rivelano episodiche e fuori dalla logica di un'attività programmata collegialmente. Anche se oggi, quindi, la cooperazione scuola-museo si inscrive più chiaramente nei programmi scolastici, il duplice fenomeno dell'attenzione prestata al museo come azione e supporto pedagogico e della sacralità assegnata dagli insegnanti alla cultura del museo concorre ad occultare la dissociazione che si opera tra i sistemi di valore e le logiche eterogenee dell'azione. La relazione scuola-museo presenta una ambiguità di fondo, che investe il riconoscimento delle forme didattiche, la natura delle relazioni tra insegnanti ed operatori museali, ma soprattutto lo statuto accordato alla cultura museale. Terza parte L'esplorazione iniziale ha consentito di individuare il funzionamento e i caratteri costitutivi del rapporto scuola-museo, prendendo a riferimento il caso della realtà romana (e delle due regioni interessate nell'indagine), e soprattutto di elaborare alcune ipotesi in senso sperimentale. La ricerca sperimentale condotta nel settore demoetnoantropologico, mirata allo studio dell'apprendimento in contesto museale, s'incentra sull'impatto della visita guidata al museo sul piano dell'apprendimento e sul ricordo dell'esperienza museale, quest'ultimo inteso come indicatore della comprensione del messaggio museale. L'esperienza ha trovato realizzazione presso il Museo Nazionale delle Arti e Tradizioni Popolari di Roma. L'esperimento, con cui si è tentato di validare un modello di visita guidata con pubblico scolastico (allievi del secondo ciclo della scuola elementare), ha fatto emergere che non si può stabilire in astratto la qualità dell'esperienza museale, ma che è necessario creare le condizioni perché da tale esperienza emerga una precisa funzionalità; in altri termini, è necessario che il museo venga percepito come opportunità per il consolidamento dell'esperienza e per il soddisfacimento delle esigenze individuali, da cui trarre vantaggio. È stata prevista una precisa modalità di conduzione di "visita guidata" centrata sul carattere selettivo e tematico della proposta, su una strategia di lettura appropriata dell'oggetto, mirante al controllo dell'informazione e della comunicazione didattica all'interno del museo, cioè sulle condizioni favorevoli che concorrono a determinare una corretta lettura dell'oggetto museale. Nello specifico, l'obiettivo della ricerca consisteva nel capire se, a partire da un modello di visita guidata condotta in un museo di tipo demoetnoantropologico, potesse essere migliorato l'apprendimento sia del singolo oggetto sia dell'intero percorso di visita e potesse essere incrementato il ricordo dell'esperienza a distanza di quattro mesi da essa tramite l'adozione di un preorientamento cognitivo e topografico (predisposto secondo le indicazioni ricavate dalla letteratura scientifica), che orientasse concettualmente l'allievo, affiancato alla proiezione di un filmato, che avesse lo scopo di ricondurre, al momento della visita, l'oggetto al suo contesto di provenienza concentrando la lettura sugli aspetti materiali e funzionali dell'oggetto stesso. Tale modello di visita teneva conto dell'ambiente museale inteso come ambiente percettivo e come spazio concettuale, consentendo l'osservazione diretta e accurata degli oggetti e della loro rappresentazione mentale. A proposito dell'apprendimento al museo e del ricordo dell'esperienza, i risultati mostrano lo stretto legame che esiste tra trattamento, apprendimento e consolidamento di questo apprendimento a distanza di tempo, ma soprattutto che, anche quando in assenza di trattamento si predilige un percorso razionalizzato (selettivo e tematico), esiste la possibilità di un incremento della comprensione. Lo studio dimostra, comunque, che il trattamento, così come previsto nella sperimentazione, facilita la ritenzione dell'informazione e garantisce una migliore comprensione dell'oggetto e dell'intero itinerario; fa emergere, inoltre, l'importanza che il patrimonio percettivo assume nella decodifica del messaggio museale. I risultati della ricerca mostrano l'efficacia del trattamento nell'interazione dei due fattori (Preorientamento e Filmato), ma evidenziano la maggiore efficacia dello stimolo Filmato rispetto a quello Preorientarnento. Il Preorientamento si rafforza solo nel momento in cui trova l'azione "rinforzante" del Filmato, tanto che, se è sicuramente un elemento che contribuisce ad accrescere la comprensione del percorso di visita, non è di per sé sufficiente a garantirne la conservazione nella memoria. Lo stimolo visivo, il Filmato, assume un aspetto dominante anche e soprattutto nella dimensione e nella qualità del ricordo. Imparare al museo non soltanto attiva processi cognitivi, ma costituisce un'attività che si svolge in un contesto di interazione sociale culturalmente mediata dai rapporti attraverso cui si esplica, caratterizzata anche in senso spaziale e fisico da comportamenti legati agli oggetti e agli ambienti in cui avviene l'apprendimento. Al fine di schematizzare le conclusioni raggiunte è stato fatto ricorso ad una sintesi finale con il bilancio dei risultati per ogni parte della tesi.
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