Il contributo stabilisce un collegamento fra usi sociali e rappresentazione letteraria dei motivi legati al banchetto in alcuni testi latini. Un primo esempio è la fossilizzazione a Roma dell’eranos, il banchetto a cui ciascun convitato contribuiva portando qualcosa: ne troviamo tracce nei componimenti di invito a cena di Catullo, Filodemo (greco ma di ambiente romano) e Orazio, mentre epigrammi di Marziale, insieme a un passo di Gellio, lasciano ipotizzare che sotto l’impero, quando le regole del galateo clientelare si vanno irrigidendo, l’uso fosse ormai del tutto scomparso. Una seconda serie di osservazioni passa in rassegna alcuni frammenti di Lucilio (autore che meriterebbe in generale maggiore attenzione da parte degli studiosi della cena romana) che trattano di situazioni conviviali, interpretandoli alla luce della temperie del II secolo e liberandoli dall’ombra dei testi esametrici oraziani dedicati allo stesso argomento. Fra l’altro, è possibile ipotizzare la presenza, nel verso 221 Marx, di un cratere, il grande recipiente comune in cui mescolare vino e acqua per tutti o convitati: un oggetto tipico della Grecia e sintomatico del suo ideale di aequalitas, assente invece dall’uso romano. Da un punto di vista metodologico, la consapevolezza che i testi letterari sono in quanto tali formalizzati non dovrà condurre a negarne il legame con il mondo: tale consapevolezza, anzi, rende ancora più pregnanti e significativi i dettagli di realtà che passano il filtro della trasfigurazione poetica.

Stilizzazione letteraria e mutamenti diacronici nelle cene della poesia romana

MERLI, Elena
2008-01-01

Abstract

Il contributo stabilisce un collegamento fra usi sociali e rappresentazione letteraria dei motivi legati al banchetto in alcuni testi latini. Un primo esempio è la fossilizzazione a Roma dell’eranos, il banchetto a cui ciascun convitato contribuiva portando qualcosa: ne troviamo tracce nei componimenti di invito a cena di Catullo, Filodemo (greco ma di ambiente romano) e Orazio, mentre epigrammi di Marziale, insieme a un passo di Gellio, lasciano ipotizzare che sotto l’impero, quando le regole del galateo clientelare si vanno irrigidendo, l’uso fosse ormai del tutto scomparso. Una seconda serie di osservazioni passa in rassegna alcuni frammenti di Lucilio (autore che meriterebbe in generale maggiore attenzione da parte degli studiosi della cena romana) che trattano di situazioni conviviali, interpretandoli alla luce della temperie del II secolo e liberandoli dall’ombra dei testi esametrici oraziani dedicati allo stesso argomento. Fra l’altro, è possibile ipotizzare la presenza, nel verso 221 Marx, di un cratere, il grande recipiente comune in cui mescolare vino e acqua per tutti o convitati: un oggetto tipico della Grecia e sintomatico del suo ideale di aequalitas, assente invece dall’uso romano. Da un punto di vista metodologico, la consapevolezza che i testi letterari sono in quanto tali formalizzati non dovrà condurre a negarne il legame con il mondo: tale consapevolezza, anzi, rende ancora più pregnanti e significativi i dettagli di realtà che passano il filtro della trasfigurazione poetica.
2008
351-50-92358
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