L’ARCHITETTURA TEATRALE E LO SPAZIO URBANO NELLA RICERCA DI CARLO FONTANA Carlo Fontana, l’architetto più importante a Roma negli ultimi decenni del Seicento, che all’inizio della sua carriera aveva collaborato spesso col Bernini, contribuì in modo determinante allo sviluppo dell’architettura del teatro, in particolare di quello pubblico. Tale apporto però resta ancora marginalmente considerato e poco noto, rispetto alla più generale e diversificata attività di Carlo Fontana che, secondo il giudizio critico contemporaneo, è particolarmente caratterizzata dai progetti di attrezzature pubbliche, di stampo proto-illuminista. Il tipo di teatro a cui maggiormente si dedicò Carlo Fontana fu quello per l’opera in musica, lo spettacolo più prestigioso e seguito, identificativo della stessa società barocca. Ma tale ricerca, che considerava il teatro come organismo non effimero ma tipologicamente definito e con un preciso ruolo urbano, fu ben presto repressa per motivi religiosi, occultata e dimenticata; se ne svilupparono altre simili solo a partire dalla seconda metà del secolo XVIII, in Francia. Recentemente questo apporto è venuto pienamente alla luce. Un album di disegni teatrali di Carlo Fontana, scoperto nel 1927 e custodito nel John Soane’s Museum di Londra, contiene molte tavole con studi, rilievi e progetti di teatri dell’epoca, la maggior parte relative al Tordinona. Il documento è storicamente e culturalmente prezioso ma è stato poco studiato e alcuni progetti ivi contenuti sono rimasti per molto tempo misteriosi riguardo al loro contesto complessivo (committenza, datazione, luogo fisico per cui furono elaborati) E’ intorno al Tordinona, il primo teatro pubblico per opera in musica a Roma, che Carlo Fontana, architetto della Camera Apostolica, intraprese la sua ricerca, sotto l’ala protettrice di Cristina di Svezia. Il teatro fu costruito, tra il 1669 e il 1670, completamente in legno e all’interno di una struttura preesistente: una modalità costruttiva consolidata, non solo a Roma. In questo caso la struttura preesistente era un modesto caseggiato, affacciato sul Tevere, di contro a Castel S. Angelo, già utilizzato come carcere papale. L’apparato interno constava, forse per la prima volta a Roma, di un vero e proprio uditorio a palchetti: sei ordini, o forse sette, ciascuno di 21 palchetti. Queste strutture erano state già sperimentate in Italia, in particolare a Venezia, e appunto nel caso del Tordinona si parlò, già all’epoca, di teatro «all’uso di Venezia». Il primo Tordinona comunque non , come mostrano le piante originarie, era ricavato in modo alquanto precario nello stabile delle ex-carceri; l’uditorio aveva in pianta una forma probabilmente innovativa per Roma, ad U con le ali svasate verso il palcoscenico, ma non presentava alcun corridoio che disimpegnasse i palchetti. All’esterno un ponte di legno attraversava la via Tordinona connettendo il secondo ordine del teatro e le case antistanti (FIG. 3); qui era ricavato un passaggio riservato alla nobiltà, sboccante sulla vicina piazza di San Salvatore in Lauro; verso il Tevere dal corpo di fabbrica si affacciava a sbalzo un «casone» ligneo costruito nel 1670 per ampliare il palcoscenico.. Una pianta simile a quella del primo Tordinona, ma tipologicamente più elaborata, Carlo Fontana la previde, poco dopo (probabilmente fra il 1670 e il 1675) anche per un’altra, più impegnativa occasione. L’album di Londra contiene una pianta di un grande teatro, con 29 palchetti per ordine, ricavato trasformando in profondità un edificio preesistente, molto probabilmente l’ex collegio dei Letterati al Corso. L’impianto è decisamente più avanzato di quello del Tordinona: i palchetti, ad esempio, sono tutti disimpegnati da corridoi anulari. La collocazione urbana inoltre era di particolare prestigio: la centralissima via del Corso, deputata alle feste e agli spettacoli del carnevale. Nel 1695 si definirono le condizioni affinché fossero attuati un ingrandimento e un miglioramento tipologico del Tordinona, sempre con Carlo Fontana come progettista. L’intero edificio fu completamente ristrutturato in modo da formare, al primo piano, un unico grande vano; uditorio e palcoscenico si ampliarono considerevolmente, il primo contava 35 palchetti per ciascuno dei sei ordini . Una novità importante riguardava anche la pianta dell’uditorio: non più svasata verso il palcoscenico, ma con le ali inclinate, convergenti secondo il canale prospettico delle quinte, nel modo migliore per la visibilità. Si trattò di un primo avvicinamento a quella forma a ferro di cavallo, dall’andamento conchiuso, che avrebbe trovato larga applicazione nel settecento e oltre. La stessa zona urbana subì significative trasformazioni. Per rendere più comoda l’utilizzazione del teatro fu creata una piazzetta affacciata sul Tevere. Venne costruito anche un palazzo ad appartamenti, addossato al corpo del teatro e affacciato sulla piazzetta, entro cui si sviluppava uno scalone che saliva fino alla platea dell’uditorio; da qui, due scale di legno portavano ai vari ordini. Fu necessario, inoltre, aumentare le comunicazioni con l’esterno, venne costruito così un altro ponte, riservato alla nobiltà, passante sopra la nuova piazzetta e di comunicazione con le case circostanti. Il nuovo teatro, che mantenne all’esterno il carattere ordinario del precedente, diventò in breve un riferimento fondamentale per la città. Contro di esso maturò però una totale ostilità da parte del clero, che portò nel 1697 alla chiusura e allo smantellamento del teatro. La ricostruzione del Tordinona aveva comportato un intenso lavoro di ricerca da parte di Carlo Fontana: non solo relativamente all’ottimizzazione della forma di sala, ma anche alla concezione tettonico-strutturale dell’insieme. Alcuni studi mostrano parecchie differenze con il teatro costruito. All’interno del perimetro murario precedente, erano previste una sala ovale e strutture murarie per il sistema dei corridoi e delle scale. Si tratta di una concezione tendente ad una maggiore classicità; la forma della sala, in particolare, richiamava, il Colosseo. Ma questa soluzione, che non ebbe effetto, era a sua volta riduzione di un’ipotesi, anch’essa non realizzata, ben più rivoluzionaria, relativa sempre al Tordinona: una «inventione» elaborata «per ordine» di Cristina di Svezia. Il teatro barocco era qui riportato più compiutamente ad una integrità e sinteticità architettoniche di tipo classico; le innovazioni tipologiche e costruttive (uditorio ovale con 33palchetti per ordine e caratterizzante anche l’esterno; costruzione muraria, scale pubbliche esterne, che forse fungevano da contrafforte ad una copertura a cupola) corrispondono inoltre ad un valore spaziale, urbano dell’insieme completamente inedito. Ma ancora più interessante è forse un altro progetto di Carlo Fontana, non relativo al Tordinona, in cui un impianto simile al precedente è contestualizzato: un’idea cioè verificata sul campo, nell’effettivo impatto urbano, anche se poi non realizzata. Il teatro, testimoniato da una pianta dell’ album londinese, era collocato, come ho dimostrato in altra occasione, all’angolo fra le attuali via Margutta e via Alibert. Per accoglierlo erano previste estese demolizioni, anche nell’isolato antistante, al fine di ottenere una più estesa visibilità dell’area da via del Babuino e, contemporaneamente, uno spazio adeguato al teatro e con esso dialogante. .Una concezione tipologica affine a quella dell’«inventione» fu riaffermata nel corso della seconda metà del settecento in Francia, legata al principio del “carattere” delle architetture. Non fu però lì che trovò attuazione concreta, ma in Germania dove gli studi riguardarono sia il rapporto uditorio (pubblico)-palcoscenico (rappresentazione), sia le modalità di un’empatia fra edificio teatrale e contesto. Principalmente Gottfried Semper avrebbe sviluppato quest’interessi, questa ricerca di «poesia dei rapporti spaziali», perseguendo una visione del teatro come espressione esaustiva di senso: «gesamtkunstwerk», opera d’arte totale.

L’architecture théâtrale et l’espace urbain dans la recherche de Carlo Fontana

ROTONDI, SERGIO
2006-01-01

Abstract

L’ARCHITETTURA TEATRALE E LO SPAZIO URBANO NELLA RICERCA DI CARLO FONTANA Carlo Fontana, l’architetto più importante a Roma negli ultimi decenni del Seicento, che all’inizio della sua carriera aveva collaborato spesso col Bernini, contribuì in modo determinante allo sviluppo dell’architettura del teatro, in particolare di quello pubblico. Tale apporto però resta ancora marginalmente considerato e poco noto, rispetto alla più generale e diversificata attività di Carlo Fontana che, secondo il giudizio critico contemporaneo, è particolarmente caratterizzata dai progetti di attrezzature pubbliche, di stampo proto-illuminista. Il tipo di teatro a cui maggiormente si dedicò Carlo Fontana fu quello per l’opera in musica, lo spettacolo più prestigioso e seguito, identificativo della stessa società barocca. Ma tale ricerca, che considerava il teatro come organismo non effimero ma tipologicamente definito e con un preciso ruolo urbano, fu ben presto repressa per motivi religiosi, occultata e dimenticata; se ne svilupparono altre simili solo a partire dalla seconda metà del secolo XVIII, in Francia. Recentemente questo apporto è venuto pienamente alla luce. Un album di disegni teatrali di Carlo Fontana, scoperto nel 1927 e custodito nel John Soane’s Museum di Londra, contiene molte tavole con studi, rilievi e progetti di teatri dell’epoca, la maggior parte relative al Tordinona. Il documento è storicamente e culturalmente prezioso ma è stato poco studiato e alcuni progetti ivi contenuti sono rimasti per molto tempo misteriosi riguardo al loro contesto complessivo (committenza, datazione, luogo fisico per cui furono elaborati) E’ intorno al Tordinona, il primo teatro pubblico per opera in musica a Roma, che Carlo Fontana, architetto della Camera Apostolica, intraprese la sua ricerca, sotto l’ala protettrice di Cristina di Svezia. Il teatro fu costruito, tra il 1669 e il 1670, completamente in legno e all’interno di una struttura preesistente: una modalità costruttiva consolidata, non solo a Roma. In questo caso la struttura preesistente era un modesto caseggiato, affacciato sul Tevere, di contro a Castel S. Angelo, già utilizzato come carcere papale. L’apparato interno constava, forse per la prima volta a Roma, di un vero e proprio uditorio a palchetti: sei ordini, o forse sette, ciascuno di 21 palchetti. Queste strutture erano state già sperimentate in Italia, in particolare a Venezia, e appunto nel caso del Tordinona si parlò, già all’epoca, di teatro «all’uso di Venezia». Il primo Tordinona comunque non , come mostrano le piante originarie, era ricavato in modo alquanto precario nello stabile delle ex-carceri; l’uditorio aveva in pianta una forma probabilmente innovativa per Roma, ad U con le ali svasate verso il palcoscenico, ma non presentava alcun corridoio che disimpegnasse i palchetti. All’esterno un ponte di legno attraversava la via Tordinona connettendo il secondo ordine del teatro e le case antistanti (FIG. 3); qui era ricavato un passaggio riservato alla nobiltà, sboccante sulla vicina piazza di San Salvatore in Lauro; verso il Tevere dal corpo di fabbrica si affacciava a sbalzo un «casone» ligneo costruito nel 1670 per ampliare il palcoscenico.. Una pianta simile a quella del primo Tordinona, ma tipologicamente più elaborata, Carlo Fontana la previde, poco dopo (probabilmente fra il 1670 e il 1675) anche per un’altra, più impegnativa occasione. L’album di Londra contiene una pianta di un grande teatro, con 29 palchetti per ordine, ricavato trasformando in profondità un edificio preesistente, molto probabilmente l’ex collegio dei Letterati al Corso. L’impianto è decisamente più avanzato di quello del Tordinona: i palchetti, ad esempio, sono tutti disimpegnati da corridoi anulari. La collocazione urbana inoltre era di particolare prestigio: la centralissima via del Corso, deputata alle feste e agli spettacoli del carnevale. Nel 1695 si definirono le condizioni affinché fossero attuati un ingrandimento e un miglioramento tipologico del Tordinona, sempre con Carlo Fontana come progettista. L’intero edificio fu completamente ristrutturato in modo da formare, al primo piano, un unico grande vano; uditorio e palcoscenico si ampliarono considerevolmente, il primo contava 35 palchetti per ciascuno dei sei ordini . Una novità importante riguardava anche la pianta dell’uditorio: non più svasata verso il palcoscenico, ma con le ali inclinate, convergenti secondo il canale prospettico delle quinte, nel modo migliore per la visibilità. Si trattò di un primo avvicinamento a quella forma a ferro di cavallo, dall’andamento conchiuso, che avrebbe trovato larga applicazione nel settecento e oltre. La stessa zona urbana subì significative trasformazioni. Per rendere più comoda l’utilizzazione del teatro fu creata una piazzetta affacciata sul Tevere. Venne costruito anche un palazzo ad appartamenti, addossato al corpo del teatro e affacciato sulla piazzetta, entro cui si sviluppava uno scalone che saliva fino alla platea dell’uditorio; da qui, due scale di legno portavano ai vari ordini. Fu necessario, inoltre, aumentare le comunicazioni con l’esterno, venne costruito così un altro ponte, riservato alla nobiltà, passante sopra la nuova piazzetta e di comunicazione con le case circostanti. Il nuovo teatro, che mantenne all’esterno il carattere ordinario del precedente, diventò in breve un riferimento fondamentale per la città. Contro di esso maturò però una totale ostilità da parte del clero, che portò nel 1697 alla chiusura e allo smantellamento del teatro. La ricostruzione del Tordinona aveva comportato un intenso lavoro di ricerca da parte di Carlo Fontana: non solo relativamente all’ottimizzazione della forma di sala, ma anche alla concezione tettonico-strutturale dell’insieme. Alcuni studi mostrano parecchie differenze con il teatro costruito. All’interno del perimetro murario precedente, erano previste una sala ovale e strutture murarie per il sistema dei corridoi e delle scale. Si tratta di una concezione tendente ad una maggiore classicità; la forma della sala, in particolare, richiamava, il Colosseo. Ma questa soluzione, che non ebbe effetto, era a sua volta riduzione di un’ipotesi, anch’essa non realizzata, ben più rivoluzionaria, relativa sempre al Tordinona: una «inventione» elaborata «per ordine» di Cristina di Svezia. Il teatro barocco era qui riportato più compiutamente ad una integrità e sinteticità architettoniche di tipo classico; le innovazioni tipologiche e costruttive (uditorio ovale con 33palchetti per ordine e caratterizzante anche l’esterno; costruzione muraria, scale pubbliche esterne, che forse fungevano da contrafforte ad una copertura a cupola) corrispondono inoltre ad un valore spaziale, urbano dell’insieme completamente inedito. Ma ancora più interessante è forse un altro progetto di Carlo Fontana, non relativo al Tordinona, in cui un impianto simile al precedente è contestualizzato: un’idea cioè verificata sul campo, nell’effettivo impatto urbano, anche se poi non realizzata. Il teatro, testimoniato da una pianta dell’ album londinese, era collocato, come ho dimostrato in altra occasione, all’angolo fra le attuali via Margutta e via Alibert. Per accoglierlo erano previste estese demolizioni, anche nell’isolato antistante, al fine di ottenere una più estesa visibilità dell’area da via del Babuino e, contemporaneamente, uno spazio adeguato al teatro e con esso dialogante. .Una concezione tipologica affine a quella dell’«inventione» fu riaffermata nel corso della seconda metà del settecento in Francia, legata al principio del “carattere” delle architetture. Non fu però lì che trovò attuazione concreta, ma in Germania dove gli studi riguardarono sia il rapporto uditorio (pubblico)-palcoscenico (rappresentazione), sia le modalità di un’empatia fra edificio teatrale e contesto. Principalmente Gottfried Semper avrebbe sviluppato quest’interessi, questa ricerca di «poesia dei rapporti spaziali», perseguendo una visione del teatro come espressione esaustiva di senso: «gesamtkunstwerk», opera d’arte totale.
2006
3-8233-6190-2
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