Negli anni trenta in Abruzzo sono state costruite diverse colonie climatiche di soggiorno, tra le quali le colonie marine Rosa Maltoni Mussolini a Giulianova e Stella Maris a Montesilvano, nonché la colonia montana IX Maggio all’Aquila, edifici che rappresentano oggi un patrimonio dell’architettura moderna da preservare. La necessità di conservare si misura però con la specificità d’uso cui erano destinati in origine: le colonie sono state infatti realizzate in aree ai margini della città e questa singolare condizione di spazi periferici che sono oggi ad un tempo dentro e fuori lo spazio urbano rende complesso la definizione di efficaci strategie di riuso e di compatibili interventi di conservazione ricondotti alle particolari e specifiche vicende di ogni singolo edificio. La marginalità di questi edifici non si misura, del resto, in una esclusiva condizione di eccentricità della loro collocazione rispetto ai centri urbani su cui insistono e nella più generale atipicità del tema architettonico rispetto a quelli più consolidati negli anni Trenta, ma anche alla marginalità cui sono relegati dalle dinamiche di crescita e sviluppo delle città contemporanee, che le relegano ad un incipiente, e in alcuni casi più pronunciato ,stato di abbandono. Nel caso delle colonie marine il progressivo degrado suggerisce la necessità di un progetto di rifunzionalizzazione come condizione necessaria ad ogni possibile azione conservativa. Nel caso aquilano della colonia montana di Monteluco di Roio, attualmente non utilizzata a causa dei danni del terremoto aquilano del 6 aprile 2009, la conservazione, al contrario, sembra dover essere garantita attraverso un progetto di rimodulazione delle modalità di uso e di fruizione dello spazio. Il contributo si pone pertanto come ambito di riflessione per definire un equilibrio possibile tra la necessità della conservazione e le opportunità del riuso, diluendo l’incidenza dei diversi fattori che regolano i due termini del binomio in rapporto alle diverse condizioni al contorno secondo registri interpretativi dettati dalla singolarità delle vicende che hanno caratterizzato gli edifici nelle prime fasi di progetto e i processi trasformativi del tessuto edilizio circostante. Una modulazione dei fattori tale da rendere conservazione e riuso termini complementari e non oppositivi, e definire strategie che non si limitino al solo dato oggettuale dell’edificio ma ricomprendano il contesto costruito, in modo da ridefinire una marginalità possibile, perché sostenibile ed integrata nella più fitta trama delle relazioni tra le differenti parti della città.
L'architettura delle colonie climatiche in Abruzzo. Un patrimonio del Moderno da salvare
TOSONE, ALESSANDRA;DI DONATO, DANILO
2014-01-01
Abstract
Negli anni trenta in Abruzzo sono state costruite diverse colonie climatiche di soggiorno, tra le quali le colonie marine Rosa Maltoni Mussolini a Giulianova e Stella Maris a Montesilvano, nonché la colonia montana IX Maggio all’Aquila, edifici che rappresentano oggi un patrimonio dell’architettura moderna da preservare. La necessità di conservare si misura però con la specificità d’uso cui erano destinati in origine: le colonie sono state infatti realizzate in aree ai margini della città e questa singolare condizione di spazi periferici che sono oggi ad un tempo dentro e fuori lo spazio urbano rende complesso la definizione di efficaci strategie di riuso e di compatibili interventi di conservazione ricondotti alle particolari e specifiche vicende di ogni singolo edificio. La marginalità di questi edifici non si misura, del resto, in una esclusiva condizione di eccentricità della loro collocazione rispetto ai centri urbani su cui insistono e nella più generale atipicità del tema architettonico rispetto a quelli più consolidati negli anni Trenta, ma anche alla marginalità cui sono relegati dalle dinamiche di crescita e sviluppo delle città contemporanee, che le relegano ad un incipiente, e in alcuni casi più pronunciato ,stato di abbandono. Nel caso delle colonie marine il progressivo degrado suggerisce la necessità di un progetto di rifunzionalizzazione come condizione necessaria ad ogni possibile azione conservativa. Nel caso aquilano della colonia montana di Monteluco di Roio, attualmente non utilizzata a causa dei danni del terremoto aquilano del 6 aprile 2009, la conservazione, al contrario, sembra dover essere garantita attraverso un progetto di rimodulazione delle modalità di uso e di fruizione dello spazio. Il contributo si pone pertanto come ambito di riflessione per definire un equilibrio possibile tra la necessità della conservazione e le opportunità del riuso, diluendo l’incidenza dei diversi fattori che regolano i due termini del binomio in rapporto alle diverse condizioni al contorno secondo registri interpretativi dettati dalla singolarità delle vicende che hanno caratterizzato gli edifici nelle prime fasi di progetto e i processi trasformativi del tessuto edilizio circostante. Una modulazione dei fattori tale da rendere conservazione e riuso termini complementari e non oppositivi, e definire strategie che non si limitino al solo dato oggettuale dell’edificio ma ricomprendano il contesto costruito, in modo da ridefinire una marginalità possibile, perché sostenibile ed integrata nella più fitta trama delle relazioni tra le differenti parti della città.Pubblicazioni consigliate
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