La coltura serica è conosciuta in Abruzzo fin dal Medioevo e dopo un periodo di grande splendore dovuto al commercio della seta prodotta nel territorio aquilano, sopravvive alla crisi del XVII secolo solo in pochi paesi come Pacentro. Nella prima metà del XIX secolo compaiono i primi moderni setifici e il cambiamento dei modelli produttivi trova continuità nella configurazione del paesaggio agrario. La costruzione di questi edifici implica l’impiego di soluzioni tipologiche coerenti con le regole insediative di queste aree. Il contributo ricostruisce le vicende legate alla produzione della seta per definire la loro influenza nella strutturazione del paesaggio abruzzese, concentrandosi poi su un caso-studio: il bachificio ottocentesco Casale Santo Janni, realizzato a Pacentro come ampliamento di preesistenze. Nel paesaggio agricolo in abbandono, questo opificio rappresenta una testimonianza di un patrimonio industriale che lega per tradizione natura e produzione, architettura e paesaggio.

The silkworm farming in the Abruzzo region is known since the Middle Ages and after a period of splendour due to the commerce of the silk produced in the area of L’Aquila, survived the crisis of XVII century only in a few towns such as Pacentro. In the first half of 19th century the first modern factories were built and the change of production models in this territory was integrated in the configuration of the agricultural landscape. The construction of these buildings implies the use of typologies that were consistent to the settlement rules of these areas. This essay proposes a reconstruction of silkworm farming in order to define its role in the landscape arrangement of the Abruzzo region, focusing on a case-study: the silkworm farm Casale Santo Janni, built in Pacentro in the 19th century as an extension of a pre-existing building. In the abandoned agricultural landscape, this factory represents a testimony of an industrial heritage that traditionally links nature and production, architecture and landscape.

Paesaggi produttivi: la gelsicoltura nelle aree interne abruzzesi. Il caso del bachificio Casale Santo Janni a Pacentro, L’Aquila

Danilo Di Donato;Alessandra Tosone;Matteo Abita;Renato Morganti
2022-01-01

Abstract

La coltura serica è conosciuta in Abruzzo fin dal Medioevo e dopo un periodo di grande splendore dovuto al commercio della seta prodotta nel territorio aquilano, sopravvive alla crisi del XVII secolo solo in pochi paesi come Pacentro. Nella prima metà del XIX secolo compaiono i primi moderni setifici e il cambiamento dei modelli produttivi trova continuità nella configurazione del paesaggio agrario. La costruzione di questi edifici implica l’impiego di soluzioni tipologiche coerenti con le regole insediative di queste aree. Il contributo ricostruisce le vicende legate alla produzione della seta per definire la loro influenza nella strutturazione del paesaggio abruzzese, concentrandosi poi su un caso-studio: il bachificio ottocentesco Casale Santo Janni, realizzato a Pacentro come ampliamento di preesistenze. Nel paesaggio agricolo in abbandono, questo opificio rappresenta una testimonianza di un patrimonio industriale che lega per tradizione natura e produzione, architettura e paesaggio.
2022
978-88-297-1666-1
The silkworm farming in the Abruzzo region is known since the Middle Ages and after a period of splendour due to the commerce of the silk produced in the area of L’Aquila, survived the crisis of XVII century only in a few towns such as Pacentro. In the first half of 19th century the first modern factories were built and the change of production models in this territory was integrated in the configuration of the agricultural landscape. The construction of these buildings implies the use of typologies that were consistent to the settlement rules of these areas. This essay proposes a reconstruction of silkworm farming in order to define its role in the landscape arrangement of the Abruzzo region, focusing on a case-study: the silkworm farm Casale Santo Janni, built in Pacentro in the 19th century as an extension of a pre-existing building. In the abandoned agricultural landscape, this factory represents a testimony of an industrial heritage that traditionally links nature and production, architecture and landscape.
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