INTRODUZIONE: Il microambiente tumorale è notoriamente complesso, sia in termini di contenuto che di natura dinamica, ed è difficile da studiare utilizzando modelli di coltura cellulare 2D; al contrario, i modelli cellulari 3D sono in grado di conferire una nuova rilevanza predittiva ai modelli tumorali in vitro. In particolare, si ritiene che il modello di sferoide tumorale 3D assomigli meglio alla complessità del tumore associato alla resistenza ai farmaci rispetto al modello 2D. I recenti progressi nelle tecniche di stampa 3D e nei biomateriali adatti hanno offerto nuove promesse nello sviluppo di colture tissutali 3D. Il bioprinting 3D è un nuovo approccio che offre un'elevata riproducibilità e un controllo preciso delle strutture 3D stampate. Il substrato utilizzato per la stampa è la combinazione di alginato di sodio e gelatina che fornisce un eccellente idrogel. MATERIALI E METODI: Il progetto del dottorato di ricerca si propone di valutare la sensibilità al trattamento agli inibitori di Src, in due diverse linee tumorali, le cellule di cancro alla prostata DU145 e le cellule di glioblastoma U87, coltivate in un modello di sferoidi 3D e in un modello bioprinting 3D. I composti in questione sono il dasatanib e due inibitori pirazolo [3,4-d] pirimidinici: si306 e PD1-si306 (pro-drug di si306). RISULTATI: Le DU145 e U87 sono state in grado di proliferare in strutture biostampate tridimensionalmente in alginato/gelatina per due settimane, formando aggregati sferoidali. Il trattamento con il dasatinib ha dimostrato che le cellule coltivate con il modello bioprinting 3D erano più resistenti alla tossicità del farmaco, in modo paragonabile al comportamento osservato nel modello degli sferoidi 3D, rispetto alle corrispondenti cellule coltivate in 2D. Invece, gli sferoidi trattati con si306 e PD1 hanno mostrato una minor resistenza, rispetto al modello bioprinting. L'analisi delle cellule dalle strutture bioprinting 3D ha permesso di ipotizzare che la resistenza a questi inibitori, dipende da una scarsa penetrazione del farmaco, fenomeno che in alcuni casi è riportato anche negli sferoidi. CONCLUSIONI: Il bioprinting 3D che utilizza l'idrogel di alginato/gelatina ha dimostrato di essere un modello adatto allo screening di farmaci quando è richiesta la crescita di sferoidi, offrendo vantaggi in termini di fattibilità e riproducibilità rispetto al modello classico di sferoidi 3D.
Analisi comparativa dell'effetto degli inibitori delle tirosin-chinasi tra colture di cellule tumorali 2D e 3D / Sabetta, Samantha. - (2023 Jul 25).
Analisi comparativa dell'effetto degli inibitori delle tirosin-chinasi tra colture di cellule tumorali 2D e 3D
SABETTA, SAMANTHA
2023-07-25
Abstract
INTRODUZIONE: Il microambiente tumorale è notoriamente complesso, sia in termini di contenuto che di natura dinamica, ed è difficile da studiare utilizzando modelli di coltura cellulare 2D; al contrario, i modelli cellulari 3D sono in grado di conferire una nuova rilevanza predittiva ai modelli tumorali in vitro. In particolare, si ritiene che il modello di sferoide tumorale 3D assomigli meglio alla complessità del tumore associato alla resistenza ai farmaci rispetto al modello 2D. I recenti progressi nelle tecniche di stampa 3D e nei biomateriali adatti hanno offerto nuove promesse nello sviluppo di colture tissutali 3D. Il bioprinting 3D è un nuovo approccio che offre un'elevata riproducibilità e un controllo preciso delle strutture 3D stampate. Il substrato utilizzato per la stampa è la combinazione di alginato di sodio e gelatina che fornisce un eccellente idrogel. MATERIALI E METODI: Il progetto del dottorato di ricerca si propone di valutare la sensibilità al trattamento agli inibitori di Src, in due diverse linee tumorali, le cellule di cancro alla prostata DU145 e le cellule di glioblastoma U87, coltivate in un modello di sferoidi 3D e in un modello bioprinting 3D. I composti in questione sono il dasatanib e due inibitori pirazolo [3,4-d] pirimidinici: si306 e PD1-si306 (pro-drug di si306). RISULTATI: Le DU145 e U87 sono state in grado di proliferare in strutture biostampate tridimensionalmente in alginato/gelatina per due settimane, formando aggregati sferoidali. Il trattamento con il dasatinib ha dimostrato che le cellule coltivate con il modello bioprinting 3D erano più resistenti alla tossicità del farmaco, in modo paragonabile al comportamento osservato nel modello degli sferoidi 3D, rispetto alle corrispondenti cellule coltivate in 2D. Invece, gli sferoidi trattati con si306 e PD1 hanno mostrato una minor resistenza, rispetto al modello bioprinting. L'analisi delle cellule dalle strutture bioprinting 3D ha permesso di ipotizzare che la resistenza a questi inibitori, dipende da una scarsa penetrazione del farmaco, fenomeno che in alcuni casi è riportato anche negli sferoidi. CONCLUSIONI: Il bioprinting 3D che utilizza l'idrogel di alginato/gelatina ha dimostrato di essere un modello adatto allo screening di farmaci quando è richiesta la crescita di sferoidi, offrendo vantaggi in termini di fattibilità e riproducibilità rispetto al modello classico di sferoidi 3D.File | Dimensione | Formato | |
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