Se il restauro dell’architettura moderna è oggetto di riflessioni già dagli ultimi decenni del secolo scorso, il tema della conservazione degli edifici del XXI secolo appare tuttora poco dibattuto per motivi evidentemente cronologici; in particolare, il caso specifico del restauro di un’opera contemporanea sorta con caratteri di provvisorietà si presenta pressoché inedito. Realizzato come opera temporanea in seguito al terremoto del 6 aprile 2009 allo scopo di sostituire l’auditorium inagibile (ricavato nella seconda metà del Novecento in una delle casematte nei bastioni del Forte cinquecentesco) e per donare al territorio colpito dalla catastrofe un segno di rinascita e uno spazio di aggregazione, l’Auditorium del parco è visto oggi tra gli edifici più rappresentativi della città dell’Aquila per vari motivi. Il primo tra questi è evidentemente legato al nome di Renzo Piano, ma diverse altre ragioni hanno fatto sì che l’edificio sia entrato da subito nel processo di patrimonializzazione culturale, con notevole anticipo rispetto a quanto previsto dalle disposizioni di tutela ope legis. La sua collocazione nel Parco del Forte Spagnolo – in una contrapposizione di volumi e forme che ha suscitato alcune iniziali perplessità rispetto alla mole del Castello cinquecentesco – ha indubbiamente favorito tale processo, oltre a determinare nuove attenzioni verso il parco stesso. L’Auditorium si presenta come luogo pubblico non solo per le attività che vi si svolgono all’interno ma anche per l’uso dello spazio circostante, in relazione diretta con la piazza della Fontana Luminosa che (seppur attualmente ridotta a rotatoria stradale) segna il punto di accesso al Corso. La scelta del sito, prossimo al centro storico ma situato all'esterno di quella che fu allora definita zona rossa inaccessibile, ha contribuito alla frequentazione del luogo anche al di fuori delle occasioni di spettacolo. Tale condizione permane ancora oggi, mostrando talora utilizzi impropri dello spazio esterno occupato da strutture temporanee casuali e invasive. Infine, l’Auditorium ha assunto un significato monumentale (da monēre: ammonire, ricordare) poiché ricorda l’evento drammatico del 2009 e testimonia la volontà di ripresa proprio a partire dalla cultura. Esso rappresenta materialmente, per chi ha vissuto il terremoto, quel metaforico spartiacque tra il prima e il dopo ponendosi in un luogo denso di stratificazioni storiche. La notorietà del luogo ha fatto sì che, da qualche tempo, diverse voci si siano levate a reclamare interventi di manutenzione sull’edificio, deplorando lo scolorimento delle finiture esterne policrome e auspicando di porvi rimedio per riportare l’Auditorium all’aspetto originario dell’ottobre 2012, quando esso venne inaugurato. Tuttavia, le considerazioni appena dette ribadiscono una questione fondamentale – preliminare ad ogni operazione sull’edificio – ovvero se l’Auditorium sia oggi da considerarsi come un patrimonio edilizio qualsiasi da mantenere in efficienza, o se faccia parte del patrimonio culturale della città. Dunque la necessità di cure conservative non può ridursi a ordinarie manutenzioni, attuate senza una preventiva consapevolezza dei valori e dei significati del luogo nel suo complesso. Risulta evidente che qualsiasi azione manutentiva non possa essere esaminata solo dal punto di vista tecnologico e operativo, ma rientri nell’ambito della custodia di un bene culturale – quindi debba inserirsi all’interno di un programma di conservazione in grado di definire obiettivi e linee operative che consentano di attuare una gestione idonea e coerente con tali finalità. Nonostante il mantenimento delle sue cromie possa apparire come l’aspetto più evidente, la questione dell’efficienza del sistema impiantistico risulta indubbiamente sostanziale e necessita di un approccio interdisciplinare per garantire la salvaguardia dell’architettura nella sua integrità. L’Auditorium pone dunque specifici problemi di restauro e, in particolare, una riflessione critica preliminare sulla necessità di conservare la materia o l’immagine. In tale ottica, la conservazione della policromia che caratterizza i volumi esterni va affrontata senza cedere alle più comuni intenzioni di ripristino, poiché questo annullerebbe il tempo trascorso (certamente non reversibile) perpetuando un’immagine astratta e in contrasto sia con il significato specifico che lega l’Auditorium all’evento sismico, sia con l’idea di transitorietà insita nell’edificio stesso.

L’Auditorium del parco: conservazione e restauro di un’architettura (con)temporanea

Carla Bartolomucci
2024-01-01

Abstract

Se il restauro dell’architettura moderna è oggetto di riflessioni già dagli ultimi decenni del secolo scorso, il tema della conservazione degli edifici del XXI secolo appare tuttora poco dibattuto per motivi evidentemente cronologici; in particolare, il caso specifico del restauro di un’opera contemporanea sorta con caratteri di provvisorietà si presenta pressoché inedito. Realizzato come opera temporanea in seguito al terremoto del 6 aprile 2009 allo scopo di sostituire l’auditorium inagibile (ricavato nella seconda metà del Novecento in una delle casematte nei bastioni del Forte cinquecentesco) e per donare al territorio colpito dalla catastrofe un segno di rinascita e uno spazio di aggregazione, l’Auditorium del parco è visto oggi tra gli edifici più rappresentativi della città dell’Aquila per vari motivi. Il primo tra questi è evidentemente legato al nome di Renzo Piano, ma diverse altre ragioni hanno fatto sì che l’edificio sia entrato da subito nel processo di patrimonializzazione culturale, con notevole anticipo rispetto a quanto previsto dalle disposizioni di tutela ope legis. La sua collocazione nel Parco del Forte Spagnolo – in una contrapposizione di volumi e forme che ha suscitato alcune iniziali perplessità rispetto alla mole del Castello cinquecentesco – ha indubbiamente favorito tale processo, oltre a determinare nuove attenzioni verso il parco stesso. L’Auditorium si presenta come luogo pubblico non solo per le attività che vi si svolgono all’interno ma anche per l’uso dello spazio circostante, in relazione diretta con la piazza della Fontana Luminosa che (seppur attualmente ridotta a rotatoria stradale) segna il punto di accesso al Corso. La scelta del sito, prossimo al centro storico ma situato all'esterno di quella che fu allora definita zona rossa inaccessibile, ha contribuito alla frequentazione del luogo anche al di fuori delle occasioni di spettacolo. Tale condizione permane ancora oggi, mostrando talora utilizzi impropri dello spazio esterno occupato da strutture temporanee casuali e invasive. Infine, l’Auditorium ha assunto un significato monumentale (da monēre: ammonire, ricordare) poiché ricorda l’evento drammatico del 2009 e testimonia la volontà di ripresa proprio a partire dalla cultura. Esso rappresenta materialmente, per chi ha vissuto il terremoto, quel metaforico spartiacque tra il prima e il dopo ponendosi in un luogo denso di stratificazioni storiche. La notorietà del luogo ha fatto sì che, da qualche tempo, diverse voci si siano levate a reclamare interventi di manutenzione sull’edificio, deplorando lo scolorimento delle finiture esterne policrome e auspicando di porvi rimedio per riportare l’Auditorium all’aspetto originario dell’ottobre 2012, quando esso venne inaugurato. Tuttavia, le considerazioni appena dette ribadiscono una questione fondamentale – preliminare ad ogni operazione sull’edificio – ovvero se l’Auditorium sia oggi da considerarsi come un patrimonio edilizio qualsiasi da mantenere in efficienza, o se faccia parte del patrimonio culturale della città. Dunque la necessità di cure conservative non può ridursi a ordinarie manutenzioni, attuate senza una preventiva consapevolezza dei valori e dei significati del luogo nel suo complesso. Risulta evidente che qualsiasi azione manutentiva non possa essere esaminata solo dal punto di vista tecnologico e operativo, ma rientri nell’ambito della custodia di un bene culturale – quindi debba inserirsi all’interno di un programma di conservazione in grado di definire obiettivi e linee operative che consentano di attuare una gestione idonea e coerente con tali finalità. Nonostante il mantenimento delle sue cromie possa apparire come l’aspetto più evidente, la questione dell’efficienza del sistema impiantistico risulta indubbiamente sostanziale e necessita di un approccio interdisciplinare per garantire la salvaguardia dell’architettura nella sua integrità. L’Auditorium pone dunque specifici problemi di restauro e, in particolare, una riflessione critica preliminare sulla necessità di conservare la materia o l’immagine. In tale ottica, la conservazione della policromia che caratterizza i volumi esterni va affrontata senza cedere alle più comuni intenzioni di ripristino, poiché questo annullerebbe il tempo trascorso (certamente non reversibile) perpetuando un’immagine astratta e in contrasto sia con il significato specifico che lega l’Auditorium all’evento sismico, sia con l’idea di transitorietà insita nell’edificio stesso.
2024
978-88-99299-30-9
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