Negli ultimi anni (e ancor più dopo la pandemia) le montagne hanno subìto notevolissimi incrementi di frequentazione, con esiti paragonabili ai fenomeni di over-tourism nei siti monumentali più noti. Esse rappresentano oggi luoghi particolarmente vulnerabili, non solo poiché manifestano con particolare evidenza gli effetti dei cambiamenti climatici, ma proprio perché sono oggetto di frequentazioni sempre più intensive. Questo fenomeno può danneggiare irreversibilmente i territori montani, se i valori da preservare non sono chiaramente identificati e universalmente riconosciuti. In particolare, l’alpinismo è stato recentemente dichiarato “patrimonio immateriale” dell’umanità (UNESCO 2019) in quanto “cultura condivisa e sviluppata intorno alla conoscenza dell’ambiente dell’alta montagna, della sua storia e dei valori a essa associati”. Tuttavia, questo patrimonio intangibile è legato indissolubilmente a luoghi di straordinario interesse caratterizzati da molteplici valori (naturali e culturali), che oggi – ancor più dopo tale riconoscimento – è necessario salvaguardare. La difesa della loro integrità non può limitarsi ai (pur numerosi) manufatti di interesse storico esistenti sull’arco alpino e appenninico – quali fortificazioni, luoghi di guerra, capanne e ripari rupestri, rifugi, percorsi di valico e ospizi – né può ridursi al rispetto dei vincoli ambientali e paesaggistici stabiliti dalla legge n. 431/1985 (peraltro disattesi da una molteplicità di costruzioni in alta quota), ma deve considerare la relazione inscindibile tra le opere dell’uomo e i contesti naturali nella longue durée, ben oltre le singolarità geologiche e i “quadri panoramici”. È chiaro come l’ambiente sia un bene complesso da salvaguardare nel suo insieme, la cui tutela non può essere circoscritta a singoli elementi né limitarsi a questioni solamente ecologiche e di gestione del territorio. Lo sviluppo sostenibile auspicato da tutti impone infatti una visione di lunga durata – che sappia leggere e interpretare le tracce del passato per riconoscerne i molteplici valori – quindi in grado di coniugare efficacemente le azioni di salvaguardia e di valorizzazione del territorio. Inoltre, la riflessione sul patrimonio culturale nel futuro dovrà necessariamente considerare l’interazione tra patrimoni materiali e immateriali (in particolare gli effetti concreti sulla conservazione del patrimonio) ed estendersi alla salvaguardia della Terra come ‘patrimonio di culture’. La sessione proposta ha quindi voluto suscitare nuove riflessioni volte a riconoscere i valori culturali nei contesti montani, andando oltre la definizione di paesaggio (ove limitato alle bellezze panoramiche e alle singolarità geologiche) ma piuttosto considerando gli ambienti montani come ‘insiemi monumentali’.

Il paesaggio montano tra cambiamento climatico e degrado antropico

Carla Bartolomucci
2024-01-01

Abstract

Negli ultimi anni (e ancor più dopo la pandemia) le montagne hanno subìto notevolissimi incrementi di frequentazione, con esiti paragonabili ai fenomeni di over-tourism nei siti monumentali più noti. Esse rappresentano oggi luoghi particolarmente vulnerabili, non solo poiché manifestano con particolare evidenza gli effetti dei cambiamenti climatici, ma proprio perché sono oggetto di frequentazioni sempre più intensive. Questo fenomeno può danneggiare irreversibilmente i territori montani, se i valori da preservare non sono chiaramente identificati e universalmente riconosciuti. In particolare, l’alpinismo è stato recentemente dichiarato “patrimonio immateriale” dell’umanità (UNESCO 2019) in quanto “cultura condivisa e sviluppata intorno alla conoscenza dell’ambiente dell’alta montagna, della sua storia e dei valori a essa associati”. Tuttavia, questo patrimonio intangibile è legato indissolubilmente a luoghi di straordinario interesse caratterizzati da molteplici valori (naturali e culturali), che oggi – ancor più dopo tale riconoscimento – è necessario salvaguardare. La difesa della loro integrità non può limitarsi ai (pur numerosi) manufatti di interesse storico esistenti sull’arco alpino e appenninico – quali fortificazioni, luoghi di guerra, capanne e ripari rupestri, rifugi, percorsi di valico e ospizi – né può ridursi al rispetto dei vincoli ambientali e paesaggistici stabiliti dalla legge n. 431/1985 (peraltro disattesi da una molteplicità di costruzioni in alta quota), ma deve considerare la relazione inscindibile tra le opere dell’uomo e i contesti naturali nella longue durée, ben oltre le singolarità geologiche e i “quadri panoramici”. È chiaro come l’ambiente sia un bene complesso da salvaguardare nel suo insieme, la cui tutela non può essere circoscritta a singoli elementi né limitarsi a questioni solamente ecologiche e di gestione del territorio. Lo sviluppo sostenibile auspicato da tutti impone infatti una visione di lunga durata – che sappia leggere e interpretare le tracce del passato per riconoscerne i molteplici valori – quindi in grado di coniugare efficacemente le azioni di salvaguardia e di valorizzazione del territorio. Inoltre, la riflessione sul patrimonio culturale nel futuro dovrà necessariamente considerare l’interazione tra patrimoni materiali e immateriali (in particolare gli effetti concreti sulla conservazione del patrimonio) ed estendersi alla salvaguardia della Terra come ‘patrimonio di culture’. La sessione proposta ha quindi voluto suscitare nuove riflessioni volte a riconoscere i valori culturali nei contesti montani, andando oltre la definizione di paesaggio (ove limitato alle bellezze panoramiche e alle singolarità geologiche) ma piuttosto considerando gli ambienti montani come ‘insiemi monumentali’.
2024
978-88-31277-09-9
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