“Un plato de garrafales: Sbarbi, Pepita Jiménez y Juan Valera”

In questo saggio si analizza “Un plato de garrafales. Juicio crítico de Pepita Jiménez”, del noto paremiologo e sacerdote José María Sbarbi. L'opera apparve inizialmente come opuscolo nel 1874, anno in cui Pepita Jiménez fu pubblicata sulla “Revista de España”. Sbarbi lo inserì, anni dopo, nella sua miscellanea letteraria Ambigú (1897), dando così modo a Valera, a nostro avviso, di leggere per la prima volta il testo, e di commentarlo, sia in corrispondenza privata che in una delle sue famose Nuevas cartas americanas (1897). Le critiche di Sbarbi a Pepita Jiménez, l'opera più famosa di Valera e una delle più rilevanti dell'epoca, sono in gran parte grammaticali, e il suo studio risulta molto interessante non soltanto per quanto ci rivela sul modus scribendi di Valera, ma anche su certe tendenze interne dello spagnolo dell’epoca, soprattutto per quanto riguardava la pronominalità (nel suo rapporto con gli usi verbali), e l’abbondante uso di gallicismi.