Il Breviario Mediterraneo di Predrag Matvejević non è un romanzo postmoderno, non è un saggio scientifico, non è un racconto di viaggio, non è una guida al Mediterraneo: è probabilmente tutte queste cose assieme e, forse, qualcosa di più, proprio perché trasgredisce ognuno di tali generi. Spinto dal rigore della ricerca a delineare la storia degli infiniti significati di un nome che, nella sua percezione, è solo apparentemente geografico, Matvejević parla di questo mare senza mettere in disparte la propria soggettività, dato che chi si occupa del Mediterraneo e ne scrive, o ci naviga, ha sempre delle buone ragioni personali per farlo: il Mediterraneo non è solo un mare e un orlo di terra che lo costeggia; non è solo geografia, non è solo storia, non è neanche una pura appartenenza: esso è piuttosto un immenso archivio e un profondo sepolcro, è un collezionista appassionato, è un mondo a sé e allo stesso tempo il centro del mondo. Su questo mare culture e popoli, in un gioco di convergenze e somiglianze, si sono mescolati per secoli fondendosi e contrapponendosi, forse come in nessuna altra regione del globo. In questa prospettiva, il Mediterraneo e il discorso sul Mediterraneo diventano in qualche modo inseparabili. Così, una “geografia fisica” di quell’angolo del pianeta (venti, piogge, correnti marine, linee di costa, golfi, tipi di suolo e di vegetazione ecc.) non può essere presentata come tale, poiché la natura assume significato solo attraverso la percezione che di essa ne hanno gli uomini e, dunque, è soltanto mediante le descrizioni scientifiche o letterarie che ci si appropria di una complessità del vivente appositamente plasmata per esserci offerta come cultura. Un posto a parte, del resto, è riservato a quegli oggetti geografici di grande fascino e mistero che sono le isole: si tratta di luoghi particolari, “resti del continente” che in qualche misura bastano a se stessi, cui si attribuiscono disposizioni e connotati umani; proprio per questo non sopportano generalizzazioni e assumono caratteristiche peculiari. Forse meno intriganti delle isole, ma di significato culturale e territoriale più ampio, sono le penisole, tanto che nel libro esse servono per introdurre i vari popoli del Mediterraneo. Sono questi popoli ad aver trasformato il volto del Mediterraneo, segnando il trapasso dalla natura alla storia ma anche all’economia e all'arte, lasciando tracce dei dinamismi sociali e dei segreti destini individuali, determinando il prolungarsi della morfologia costiera nelle forme dell’architettura e del paesaggio. Per meglio illustrare la differenziazione dello spazio, riscontrabile sulla superficie terrestre del Mediterraneo e dovuta soprattutto all’azione dell’uomo, l’autore inserisce nel Breviario un cospicuo materiale cartografico composto da oltre cinquanta carte che corredano il libro. Le mappe geografiche, tuttavia, “non possono farci scoprire il volto del Mediterraneo, ma appena le rughe del suo viso” e restano inadeguate nel rappresentare le diverse forme assunte dal paesaggio mediterraneo. E, per quanto il termine paesaggio sia qui usato raramente e con inusuale parsimonia, è indubitabile che l’oggetto del libro, dalla prima pagina all’ultima, siano proprio i paesaggi culturali: vale a dire quei tipi di mondo che nella nostra tradizione disciplinare la humanistic geography e la più recente geografia culturale hanno saputo valorizzare al meglio.

Geografie del Mediterraneo nel Breviario di Matvejević

GAFFURI, LUIGI
2010-01-01

Abstract

Il Breviario Mediterraneo di Predrag Matvejević non è un romanzo postmoderno, non è un saggio scientifico, non è un racconto di viaggio, non è una guida al Mediterraneo: è probabilmente tutte queste cose assieme e, forse, qualcosa di più, proprio perché trasgredisce ognuno di tali generi. Spinto dal rigore della ricerca a delineare la storia degli infiniti significati di un nome che, nella sua percezione, è solo apparentemente geografico, Matvejević parla di questo mare senza mettere in disparte la propria soggettività, dato che chi si occupa del Mediterraneo e ne scrive, o ci naviga, ha sempre delle buone ragioni personali per farlo: il Mediterraneo non è solo un mare e un orlo di terra che lo costeggia; non è solo geografia, non è solo storia, non è neanche una pura appartenenza: esso è piuttosto un immenso archivio e un profondo sepolcro, è un collezionista appassionato, è un mondo a sé e allo stesso tempo il centro del mondo. Su questo mare culture e popoli, in un gioco di convergenze e somiglianze, si sono mescolati per secoli fondendosi e contrapponendosi, forse come in nessuna altra regione del globo. In questa prospettiva, il Mediterraneo e il discorso sul Mediterraneo diventano in qualche modo inseparabili. Così, una “geografia fisica” di quell’angolo del pianeta (venti, piogge, correnti marine, linee di costa, golfi, tipi di suolo e di vegetazione ecc.) non può essere presentata come tale, poiché la natura assume significato solo attraverso la percezione che di essa ne hanno gli uomini e, dunque, è soltanto mediante le descrizioni scientifiche o letterarie che ci si appropria di una complessità del vivente appositamente plasmata per esserci offerta come cultura. Un posto a parte, del resto, è riservato a quegli oggetti geografici di grande fascino e mistero che sono le isole: si tratta di luoghi particolari, “resti del continente” che in qualche misura bastano a se stessi, cui si attribuiscono disposizioni e connotati umani; proprio per questo non sopportano generalizzazioni e assumono caratteristiche peculiari. Forse meno intriganti delle isole, ma di significato culturale e territoriale più ampio, sono le penisole, tanto che nel libro esse servono per introdurre i vari popoli del Mediterraneo. Sono questi popoli ad aver trasformato il volto del Mediterraneo, segnando il trapasso dalla natura alla storia ma anche all’economia e all'arte, lasciando tracce dei dinamismi sociali e dei segreti destini individuali, determinando il prolungarsi della morfologia costiera nelle forme dell’architettura e del paesaggio. Per meglio illustrare la differenziazione dello spazio, riscontrabile sulla superficie terrestre del Mediterraneo e dovuta soprattutto all’azione dell’uomo, l’autore inserisce nel Breviario un cospicuo materiale cartografico composto da oltre cinquanta carte che corredano il libro. Le mappe geografiche, tuttavia, “non possono farci scoprire il volto del Mediterraneo, ma appena le rughe del suo viso” e restano inadeguate nel rappresentare le diverse forme assunte dal paesaggio mediterraneo. E, per quanto il termine paesaggio sia qui usato raramente e con inusuale parsimonia, è indubitabile che l’oggetto del libro, dalla prima pagina all’ultima, siano proprio i paesaggi culturali: vale a dire quei tipi di mondo che nella nostra tradizione disciplinare la humanistic geography e la più recente geografia culturale hanno saputo valorizzare al meglio.
2010
978-88-8103-656-1
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