Con oltre dieci proposte di legge attualmente all’esame delle commissioni parlamentari il “consumo di suolo” è stato riconosciuto, anche in Italia, come una patologia territoriale dalle molteplici conseguenze negative che vanno dall’erosione/frammentazione degli ecosistemi, alla riduzione dei servizi da loro erogati, all’alterazione dei regimi idrici, all’aumento del dispendio energetico con profonde ripercussioni anche sulla qualità della vita a medio termine e sul paesaggio nel senso più ampio (Falqui et alii, 2011; Romano & Zullo, 2013). Con la locuzione “consumo di suolo” viene individuato da diversi anni il fenomeno della conversione urbana della superficie territoriale, con asportazione degli strati superficiali del suolo e la loro sostituzione con coperture artificiali, dove queste ultime possono o meno estendersi anche in verticale. Sono attualmente in corso diversi tentativi di classificazione delle superfici “artificializzate” che tendono ad individuare le categorie alle quali poi far corrispondere i numerosi effetti ambientali negativi. E’ proprio questa classificazione uno dei punti critici attuali della ricerca sul fenomeno, in quanto non ci sono database “istituzionali” a scale adeguate che possano fornire un dato ufficiale, omogeneo e attendibile, mentre c’è invece una discreta proliferazione di informazioni provenienti da metodologie e fonti pseudoscientifiche. Si tratta di una questione che merita, per la sua importanza-chiave, alcune precisazioni. Un primo aspetto protocollare dei dati riguarda le tipologie di impegno di suolo trasformato da censire e che possono distinguersi per modalità di utilizzazione o di sostituzione dello strato pedologico.
Consumo di suolo ed ecosistemi. Analisi quantitative e prospettive di diagnosi qualitative.
ROMANO, BERNARDINO;ZULLO, FRANCESCO
2014-01-01
Abstract
Con oltre dieci proposte di legge attualmente all’esame delle commissioni parlamentari il “consumo di suolo” è stato riconosciuto, anche in Italia, come una patologia territoriale dalle molteplici conseguenze negative che vanno dall’erosione/frammentazione degli ecosistemi, alla riduzione dei servizi da loro erogati, all’alterazione dei regimi idrici, all’aumento del dispendio energetico con profonde ripercussioni anche sulla qualità della vita a medio termine e sul paesaggio nel senso più ampio (Falqui et alii, 2011; Romano & Zullo, 2013). Con la locuzione “consumo di suolo” viene individuato da diversi anni il fenomeno della conversione urbana della superficie territoriale, con asportazione degli strati superficiali del suolo e la loro sostituzione con coperture artificiali, dove queste ultime possono o meno estendersi anche in verticale. Sono attualmente in corso diversi tentativi di classificazione delle superfici “artificializzate” che tendono ad individuare le categorie alle quali poi far corrispondere i numerosi effetti ambientali negativi. E’ proprio questa classificazione uno dei punti critici attuali della ricerca sul fenomeno, in quanto non ci sono database “istituzionali” a scale adeguate che possano fornire un dato ufficiale, omogeneo e attendibile, mentre c’è invece una discreta proliferazione di informazioni provenienti da metodologie e fonti pseudoscientifiche. Si tratta di una questione che merita, per la sua importanza-chiave, alcune precisazioni. Un primo aspetto protocollare dei dati riguarda le tipologie di impegno di suolo trasformato da censire e che possono distinguersi per modalità di utilizzazione o di sostituzione dello strato pedologico.Pubblicazioni consigliate
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